Sabato 21 Dicembre 2024
Luigi Manfredi
Economia

La sfida di Martelli & Partners «Con la multiproprietà digitale il mercato dell’arte diventa 4.0»

ROMA

UN CARAVAGGIO o un Leonardo in «multiproprietà digitale’: il mercato dell’arte diventa 4.0. E’ la sfida lanciata dallo studio legale Martelli & Partners, sede a Roma, Milano, Napoli e ufficio di rappresentanza a Dubai, dal 2017 società per azioni tra avvocati, che ha inaugurato la divisione per la ‘tokenizzazione delle opere d’arte’ proponendo un’idea fortemente innovativa e tecnologica ad un mondo tutto particolare qual è quello del collezionismo. Alla base c’è la convinzione del ceo, Giovanni Battista Martelli, secondo il quale «le opere d’arte sono un patrimonio dell’umanità. Facendole girare solo nelle collezioni private diventano una vista per pochi. Per favorirne la circolazione ho pensato che determinate opere dal valore economico stellare dovessero essere ripartite in tanti piccoli pezzetti di una proprietà». Utilizzando per far questo gli strumenti che la rivoluzione digitale, sempre in movimento, offre.

«ALL’ORIGINE – spiega l’avvocato Martelli – era internet, lo strumento rivoluzionario che ha modificato il nostro modo di comunicare, ora è blockchain, l’internet del futuro. Viviamo in una realtà in cui ogni informazione, bene o valore, di qualunque natura sia, può essere convertito in un token e scambiato su sistemi digitali globali (le blockchain appunto, ndr) con facilità e sicurezza». L’opera d’arte viene suddivisa in tanti piccoli pezzetti, come fossero le tessere di un mosaico o di un puzzle. I pezzetti sono i token, in sostanza certificati digitali emessi appunto su una piattaforma web, la blockchain una sorta di database, di archivio distribuito e non centralizzato che garantisce certezza dei dati e sicurezza nelle transazioni («La modificabilità dell’archivio deve essere accettata da tutti i nodi della rete o da almeno il 50% più uno dei nodi»).

NEL CASO specifico del collezionismo d’arte la blokchain rende immutabili e sicuri dati quali provenienza, storicità, autenticità e valore economico. Il procedimento prevede quindi che il venditore (si tratta essenzialmente di un appassionato che intende allargare la fruibilità del proprio capolavoro) converta tutti o solo una parte dei diritti di proprietà in token messi in vendita sulla blockchain. L’acquirente, attraverso uno smart contract, comprerà le quote dell’opera (ciascuna di un valore diverso a seconda del tipo di ‘tessera’ associata) diventando proprietario non di un bene fisico ma di un certificato di proprietà digitale. Le tessere hanno un identificativo univoco che corrisponde a un pezzo dell’opera. Per gli investitori un triplice vantaggio: «Ogni token diventa un pezzo unico e le tessere restano sempre quelle. Questo significa che in una vendita successiva il prezzo del token salirà proprio per la tiratura limitata. Poi la certezza dell’attestazione del valore iniziale. Infine il guadagno sulla circolazione dell’opera (per esempio il prestito ad un museo, ndr). Ma a chi spetterà la gestione dell’opera d’arte in ‘multiproprietà digitale’? Ad un’apposita società di management che può anche essere anche esterna a venditore e compratori.

LO STUDIO Martelli, come dicevamo all’inizio, ha creato un’apposita divisione per assistere sia chi vende sia chi acquista offrendo soluzioni «chiavi in mano»: dalla realizzazione di una blockchain dedicata, alla parcelizzazione, all’acquisto di quel certificato digitale. Il sistema non è ancora concretamente operativo. «Stiamo lavorando per mettere a punto tutti i dettagli». L’idea della tokenizzazione si inserisce perfettamente nella filosofia che anima lo studio Martelli & Partners che in questo 2019 festeggia i 60 anni di attività. Una filosofia smart che punta sulla delocalizzazione degli studi sul territorio: una rete cioè di studi satelliti operativi e indipendenti in costante contatto con la sede centrale con una gestione caratterizzata da un elevato grado di informatizzazione, consentendo così «a un network di oltre 200 professionisti di operare in maniera capillare su tutto il territorio nazionale».