A SCHIAVON — duemila abitanti paciosi, tra la campagna e le prealpi vicentine — la gioia è tanta, ma la sorpresa zero. A Vinicio, il sospetto che il suo amico Pietro Parolin detto Piero sarebbe finito in Vaticano cominciò a venire oltre cinquant’anni fa, quando giocavano alla messa. «Allestiva un altarino a casa sua, lui faceva il prete e mi costringeva a fare il chierichetto. Pretendeva che rispondessi in latino. Ma siccome non ne indovinavo una, Piero alla fine interpretava entrambi i ruoli». Tempi pre-conciliari, quando entrambi avevano cinque, sei anni. Rita ne aveva qualcuno di più e ricorda che quando a Piero chiedevano ‘cosa farai da grande?’, lui rispondeva, con con quegli occhioni e quel sorriso che sono gli stessi di oggi, «il Papa». Per adesso è Segretario di Stato, il più giovane del dopoguerra con i suoi 58 anni, poi si vedrà. È anche arcivescovo e sta per essere ordinato cardinale, ma a Schiavon è per tutti solo don Piero. Anche se quel don rivolto a chi è nato qui, ed è rimasto uno dei nostri, a volte diventa una forzatura.

ALL’ASILO

, dalle suore Dorotee, alle feste lo vestivano da angelo ali-dotato. Promozione guadagnata sul campo, a suon di bontà. A proposito di campi, di Piero Parolin non c’è traccia su quello sportivo che don Augusto aveva allestito alle spalle della canonica per farci sfogare. Mai visto in pantaloncini corti alle nostre combattutissime Coppe Edelweiss. Cosa faceva? Studiava. Hobby? Sconosciuti. Mai visto neppure a baruffare o a rincorrere le compagne di scuola. Tant’è che è da escludersi l’apparizione di una fidanzatina dei tempi che furono. Nel cassetto dei ricordi religiosi c’è però tutta la trafila della Dottrina cristiana, dei chierichetti, delle fiamme bianche-verdi-rosse con la Cecilia e la Màlgari, delegate dell’Azione Cattolica (e rigorosamente madèghe) che ce lo indicavano come modello.
Allontaniamo subito l’idea che il
nostro Piero soffrisse in tenera età di bacchettoneria. I Parolin, detti in paese i Pojana, sono stirpe di contadini, partigiani (bianchi), artigiani, emigranti e cattolici immuni dal bacia-pilismo. Gente allegra, aperta, senza integralismi di sorta. Così era anche il padre, Luigi, proprietario di una ferramenta, che morì in un incidente stradale quando Piero aveva dieci anni.

FU QUANDO

il Seminario di Vicenza ci ‘sequestrò’ l’amico - aveva 14 anni - che noi suoi coetanei tememmo il peggio, tranne poi gioire quando nelle vacanze estive ci venne restituito integro, con tutto il suo humor e la sua arguzia. Nessuna aria da prete, per fortuna. Una volta di più gli venne perdonato di non saper giocare a pallone. Come dice suo cugino Nereo, «un cerchio a 360 gradi comprende tutto, non c’è un punto iniziale e uno finale». Uno de noàntri, e basta. Forse anche perché a dieci anni aveva perso il padre, e nei dolori il paese si rinsalda.
Lui a Schiavon ci torna una o due volte all’anno a trovare mamma Ada, i due fratelli. In clergyman si mescola alla gente, ride e scherza, va a visitare anziani e malati, con tutti parla in dialetto veneto. La festa dei 50 anni per la classe 1955 l’ha organizzata lui, insieme a Gabriella. Uno alla mano. Oggi va di moda dire bergogliano. Ma lui è semplicemente se stesso. Tra una visita e l’altra, laurea in diritto canonico alla Gregoriana, impiego alla Segreteria di Stato, nunziatura in Nigeria, Messico, Venezuela, trattative per conto del Papa con Vietnan, Cina, Israele. E il suo nome che affiora tra i papabili, come in occasione dell’ultimo Conclave. In paese si sintetizza:
el gà na gran testa. Chi dei vecchi amici ha continuato a frequentarlo assicura che ha vedute molto aperte, tipiche di uno che el gà girà el mondo. Quando si legge sui giornali che in Vaticano sta per arrivare la ramazza, c’è chi dice che è impossibile. Il nostro don Piero che mostra il viso cattivo? Ma dai... Viene in mente piuttosto ciò che Montanelli diceva di Rumor, altro vicentino pacioso: un pezzo di marzapane con nascosto dentro un filo di ferro. «E’ un gran diplomatico ma vedrai che lascerà il segno, - garantisce la semi-credente Rita - piano piano, ha sempre fatto ciò che ha detto». Ma non diceva anche che voleva fare il Papa? Vabbè, ora uno dei suoi motti è nulla chiedere, nulla rifiutare. Noi di Schiavon, siamo anche laici e lasciamo che se la sbrighi lo Spirito Santo.