Al meeting annuale dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO) e al congresso dell’European Hematology Association (EHA) la ricerca Johnson & Johnson ha prodotto interessanti dati da studi clinici e di real-world. L’impegno di J&J in oncologia è ambizioso: entro il 2030 la previsione è quella di arrivare a 35 nuove richieste di autorizzazione per altrettante terapie. In particolare, 15 richieste riguarderanno nello specifico i tumori del sangue, tre saranno quelle incentrate sul tumore della prostata, altre tre saranno dedicate al tumore del polmone, quattro quelle rivolte al cancro della vescica.

«Da più di trent’anni J&J contribuisce a rispondere ai bisogni di insoddisfatti dei pazienti oncologici, lavoriamo per un futuro in cui le malattie siano un ricordo del passato. La pipeline – ha scritto Alessandra Baldini, direttore medico – continua ad arricchirsi di terapie avanzate e farmaci innovativi. Ma non solo: l’impegno di J&J è rafforzato anche attraverso collaborazioni esterne, mirate a sfruttare strumenti computazionali e l’intelligenza artificiale, basate sull’osservazione e l’analisi dei dati reali, che consentano di rendere il cancro una condizione più gestibile e con prospettive di cura».

Negli ultimi dieci anni Johnson & Johnson ha ottenuto l’approvazione di 14 farmaci, di cui 8 pionieri nella loro classe. Vediamo ora i temi del momento per quanto riguarda i tumori solidi e le emolinfopatie neoplastiche.

 

Polmone

I risultati dello studio PALOMA III hanno dimostrato che l’uso combinato di Amivantamab e Lazertinib rappresenta un significativo passo avanti nel trattamento di prima linea del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con mutazioni dell’EGFR. Questo anticorpo bispecifico completamente umano ha mostrato efficacia indipendentemente dalle caratteristiche biologiche o cliniche dei pazienti, inclusi quelli ad alto rischio di progressione. La formulazione sottocutanea di Amivantamab richiede un tempo di somministrazione molto più breve rispetto a quella endovenosa (circa 5 minuti contro 5 ore) e riduce le reazioni correlate all’infusione. Inoltre, la terapia sottocute ha dimostrato una maggiore durata della risposta e della sopravvivenza libera da progressione. Sulla base di questi risultati, J&J ha presentato una domanda di estensione di indicazione all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) per l’uso di Amivantamab sottocute in combinazione con Lazertinib nel trattamento di pazienti adulti con NSCLC avanzato con mutazioni specifiche dell’EGFR1. Filippo de Marinis, direttore della Divisione di Oncologia Toracica presso IEO di Milano e presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Toracica (AIOT), ha commentato con favore i risultati, considerati “un significativo passo avanti nel trattamento di prima linea del carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) con un approccio chemio-free”.

 

Mieloma multiplo

J&J ha presentato oltre 40 lavori dedicati alle immunoterapie per il mieloma, tra cui l’anticorpo monoclonale anti-CD38, i bispecifici e le CAR-T. Uno studio di Fase III, denominato MAIA, ha valutato l’efficacia del trattamento con daratumumab (il primo anticorpo monoclonale anti-CD38) in combinazione con lenalidomide e desametasone (D-Rd) nei pazienti con mieloma multiplo di nuova diagnosi non eleggibili per il trapianto di cellule staminali autologhe. La sopravvivenza globale mediana osservata è stata di 7,5 anni, la più lunga riportata nei pazienti non eleggibili al trapianto, con una riduzione del rischio di morte del 33% rispetto al solo trattamento con lenalidomide e desametasone. Questi risultati indicano l’importanza di includere il daratumumab nella combinazione di trattamento di prima linea per questi pazienti. Michele Cavo, ordinario di Ematologia e direttore dell’Istituto Seragnoli presso l’Università di Bologna, è fiducioso sui progressi ottenuti nel trattamento del mieloma multiplo. Secondo l’illustre specialista, la disponibilità di farmaci innovativi ha favorito un approccio personalizzato, tenendo conto non solo dell’efficacia, ma anche della tollerabilità e della modalità di somministrazione. Dati promettenti sul trattamento del mieloma vengono anche dalle terapie avanzate. Uno studio di rilievo è il MajesTEC-1, che riguarda l’anticorpo bispecifico teclistamab. Questo si lega sia all’antigene BCMA presente sulle cellule neoplastiche sia all’antigene CD3 sui linfociti T. I risultati sono stati: risposte durature e profonde nei pazienti con mieloma multiplo recidivato e refrattario, modalità di somministrazione del farmaco semplificata. Un secondo anticorpo bispecifico sviluppato da J&J è il talquetamab. Questo mira al recettore GPRC5D sulle cellule neoplastiche. I risultati dello studio MonumenTAL-1 sono stati positivi: tasso di sopravvivenza del 57-67% a 24 mesi e tassi moderati di infezione che calano nel tempo. Venendo alle CAR-T, lo studio CARTITUDE-4 di Fase III ha esaminato la terapia cellulare con cilta-cel, che mostra di migliorare la sopravvivenza libera da progressione. Pazienti con mieloma multiplo refrattario a lenalidomide hanno beneficiato di una riduzione del rischio di progressione del 73% rispetto al braccio di controllo.

 

Leucemia linfatica cronica

Sempre in tema oncoematologia, J&J è impegnata nella ricerca relativa a un altro tumore del sangue, la leucemia linfatica cronica (LLC). Ecco gli studi in proposito.

  • Studio RESONATE-2. Questo studio ha seguito i pazienti per dieci anni trattati con ibrutinib in monoterapia ha mostrato benefici continui in termini di sopravvivenza (globale e libera da progressione) rispetto al trattamento con clorambucile. La LLC è un tumore del sangue che richiede opzioni terapeutiche efficaci. Ibrutinib è il primo inibitore della tirosin chinasi di Bruton (BTK) disponibile per il trattamento della LLC.
  • Studio CAPTIVATE. A un follow-up di oltre 5 anni, lo studio ha valutato l’ibrutinib in combinazione con venetoclax. Questo connubio offre ulteriori vantaggi, soprattutto per i pazienti ad alto rischio, migliora la qualità della vita e semplifica la gestione clinica.