Taipei, 13 gen. (askanews) - Quella di Taiwan è una democrazia guadagnata a caro prezzo e per questo ogni voto è importante. Così il vicepresidente Lai Ching-te ha commentato il voto di oggi nelle elezioni presidenziali nell'isola, che è di fatto indipendente dalla Cina comunista fin dal 1949, ma che Pechino continua a rivendicare come se fosse una provincia ribelle. Lai, candidato del Partito democratico progressista e vice della presidente Tsai Ing-wen - che non era in gara perché, dopo due mandati, non è più eleggibile - è in testa e il suo vantaggio è dato in aumento, secondo i dati parziali. Questo politico di lungo corso di 64 anni resta il candidato più apertamente a difesa dell'autogoverno del paese, anche se negli ultimi mesi ha usato toni più concilianti verso il regime di Pechino, che sotto la guida di Xi Jin-Ping ha aumentato fortemente le pressioni politiche e militari verso l'isola di 23 milioni di abitanti, minacciando continuamente la riunificazione. "Ogni voto è prezioso, perché si tratta della democrazia taiwanese, che è stata guadagnata a caro prezzo", ha detto Lai, e questo sentimento sembra condiviso dalla popolazione, che si è recata alle urne in massa con una partecipazione stimata ad oltre il 70% degli aventi diritto. Il voto è osservato con apprensione dagli altri paesi dell'aerea a partire da Corea del Sud, Giappone e Filippine, che temono la spinta espansionista della Cina di Xi, e dagli Stati Uniti, alleato-chiave di Taiwan e degli altri paesi democratici dell'Estremo Oriente. L'isola, oltre alla sua importanza strategica, è uno dei maggiori produttori mondiali di semiconduttori e fortemente attiva sul mercato delle nuove tecnologie. Al secondo posto con quasi 10 punti di differenza rispetto a Lai c'è Hou Yu-ih, candidato dell'opposizione del Kuomintang, il partito nazionalista del "padre della patria" di Taiwan, Chiang Kai-shek, paradossalmente più incline al dialogo con Pechino e contrario a un separatismo formale. Infine Ko Wen-je, candidato "populista" ed ex sindaco di Taipei che ha sparigliato le carte, proponendosi in una posizione intermedia e dicendo di voler approfondire i rapporti sia con la Cina che con gli Stati Uniti.
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