Segre racconta quando a Auschwitz rischiò di morire per una cicatrice
Roma, 29 gen. (askanews) - La cicatrice per una appendicite ha fatto temere a Liliana Segre che non sarebbe uscita viva da Auschwitz. Il drammatico episodio è stato raccontato dalla senatrice, sopravvissuta all'Olocausto e testimone da anni degli orrori dei lager, durante la Commissione straordinaria intolleranza, razzismo, antisemitismo, istigazione all'odio e alla violenza, al Senato.
"Quando avvenivano le selezioni per andare a morire le prigioniere a gruppi dovevano, nude, prima entrare da una porta, poi c'era il gruppo dei medici che le guardava e infine uscire, o non uscire. Io due o tre volte ho partecipato a queste selezioni, ora sono qua, però sono stata fermata ed era un momento in cui il cuore si fermava", ha raccontato.
"Il medico mise un dito sulla cicatrice nella mia pancia e disse agli altri, 'ma che taglio orribile che hanno fatto questi medici, una ragazza così giovane'".
Segre era ben consapevole che quella osservazione poteva significare la differenza fra vivere o morire: "Io che stavo lì più morta che viva e sentivo questi che discutevano sulla bruttezza della cicatrice, ovviamente ero terrorizzata che questa cicatrice fosse così brutta da mandarmi a destra invece che sinistra e invece, dopo aver ragionato a lungo sulla cicatrice, dissero 'vai pure'".
"Quella sosta è durata qualche minuto. A distanza di 80 anni mi vedo io lì, nuda, questi tre con le dita stupite sulla mia cicatrice - ha concluso - i medici e la Shoah, quanti ne hanno mandati a morire i medici? Laureati e col giuramento di Ippocrate".