Roma, 10 aprile 2017 - L’alba dei dementi digitali. L’abuso delle nuove tecnologie sta trasformando i nostri ragazzi in zombie alla George Romero? L’argomento, molto discusso, è decisamente controverso. Chi non ha sentito qualche genitore lamentarsi del proprio figlio, perché perennemente attaccato a tablet o smartphone? Chi non ha ascoltato lo sfogo di un professore che, con l’arrivo dei nuovi media, si è convinto non esistano più gli studenti di una volta, visto che quelli di oggi si distraggono alla velocità della luce e sono incapaci di approfondire qualsiasi argomento?
Quando si parla di tecnologia è però importante non cadere negli assolutismi, altrimenti il rischio è quello di fare brutte figure. Quando il primo walkman apparve sul mercato, diversi soloni si precipitarono a decretare un’apocalittica fine della socialità, visto che i ragazzi, schermati dalle cuffiette, sembravano ormai per sempre chiusi in loro stessi.
La realtà, come hanno dimostrato le innocue musicassette, è un fenomeno complesso. E se la tecnologia ha aperto enormi possibilità, non bisogna comunque nascondere l’esistenza di un lato oscuro. Molti studi dimostrano infatti come pc o supercellulari possano rappresentare un ostacolo nel percorso scolastico dei più piccoli. Jake Vigdor e Helen Ladd della Duke University hanno condotto un test della durata di cinque anni su 100mila bambini. «Abbiamo scoperto – raccontano i due accademici – che c’era una correlazione tra la diffusione dei computer nelle case e l’abbassamento dei voti in matematica e in lettura. Si trattava di un calo dell’1 o del 2 per cento, ma comunque era significativo». Altri studi, come vedremo mercoledì, hanno evidenziato risultati ancora più scoraggianti.
Ma perché i modernissimi ragazzi che usano tablet o smartphone restano paradossalmente indietro rispetto ai loro giurassici coetanei analogici? La costante esposizione ai media, secondo diverse ricerche, può causare quello che viene definito come sovraccarico informativo. Per fare fronte a questo tsunami di dati, il cervello dei ragazzi (ma anche quello degli adulti) è costretto a prendere decisioni rapidissime, per scartare ciò che non serve e immagazzinare ciò che ritiene utile. E spesso, a causa dei tempi pressanti, commette errori. La tecnologia, in poche parole, riprogramma il funzionamento del nostro cervello.
A volte l’abuso della tecnologia porta a veri e propri casi di dipendenza, come vedremo nello speciale di giovedì. «Alcuni videogame – secondo studi condotti dalla American psychiatric association, massima autorità mondiale per quanto riguarda i disturbi mentali – attivano risposte neurologiche legate al piacere, che si provano quando un individuo viene ricompensato per una data azione e, in sintesi, fanno scattare una dipendenza».
Molto spesso chi soffre di questa patologia ha seri problemi a relazionarsi con i propri coetanei. Ma non solo. Gli adolescenti, come cercheremo di capire domani, hanno cambiato il modo di stringere amicizie e, come indagheremo sabato, il modo di vivere la sessualità. E in tutto questo, come si è evoluto il ruolo dei genitori? Venerdì proveremo a capire se è meglio utilizzare il metodo Steve Jobs, che aveva vietato l’uso dei tablet e altri gingilli tecnologici ai propri figli, o seguire la via del libero accesso. Perché è proprio la famiglia il più importante baluardo per far sì che l’alba dei dementi digitali non si trasformi in pieno giorno. Con buona pace di George Romero.
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