Sabato 1 Marzo 2025
Davide Nitrosi
Tech

Big tech, l’allarme di Mediaset: “Lo strapotere dei colossi Usa danneggia le aziende europee”

L’ad Berlusconi alla presentazione dei dati del gruppo televisivo si rivolge a governo e Ue. “Non vogliamo vantaggi, ma chiediamo di non essere svantaggiati rispetto a questi giganti stranieri”. Sul tema anche il ministro dell’Economia Giorgetti: la web tax riguardi anche le imprese non Usa

Pier Silvio Berlusconi

Pier Silvio Berlusconi

Bologna, 28 febbraio 2025 – La prima legge sull’antitrust fu promulgata negli Stati Uniti nel 1890. Ventuno anni dopo, il 15 maggio del 1911, la Corte Suprema degli Stati Uniti ordinò di spacchettare la Standard Oil Company di Rockfeller in 34 società, sulla base di quella legge. Rockfeller controllava dal 1887 il 90% del mercato petrolifero. Il provvedimento non fu immediato – come si nota – ma alla fine arrivò. Oggi Google controlla il 90% delle ricerche online. Da anni si sente discutere, soprattutto a Bruxelles, di come arginare lo strapotere di Google e delle sue sorelle, le cosiddette Big tech, che in pochi anni hanno allargato il loro dominio in diversi settori, costruendo monopoli mondiali e godendo di tassazioni favorevoli grazie alla possibilità di fatturare globalmente ma pagare gran parte del carico fiscale localmente (inteso come nel luogo dove il fisco è più favorevole). Uno strapotere verso il quale hanno puntato il dito associazioni e governi, ma anche gli imprenditori costretti a fronteggiare una concorrenza che – con un eufemismo – si può definire “non equilibrata”.

L’ultimo ad alzare la voce è stato Pier Silvio Berlusconi, ad di Mfe (Mediaset), commentando i dati di bilancio preliminari del 2024 del suo gruppo. Numeri entusiasmanti, generati però nonostante “la crescente concorrenza da parte delle big tech”.

“Questo – ha detto l’ad di Mfe – è un punto importante che ci preoccupa. La presenza di questi giganti, che oggi hanno un enorme potere economico finanziario con poche regole che spesso non seguono, è davvero un qualcosa che rischia di fare male non solo agli editori, ma a tutte le aziende europee e anche italiane”.

La richiesta, ha spiegato Pier Silvio Berlusconi, non è di “essere avvantaggiati” ma “semplicemente di non essere svantaggiati rispetto a questi giganti”. Quello di Berlusconi non è solo il grido di un imprenditore che pensa al suo orticello (e che comunque dà lavoro a oltre tremila persone), ma l’avviso di chi in prospettiva vede i pericoli di questo strapotere: “È un fenomeno che andrà a toccare gli interessi degli italiani e dei lavoratori: queste multinazionali hanno un tale potere per cui andranno ad incidere sui livelli occupazionali e addirittura sui livelli dei salari”.

E quindi torna l’urgenza di una regolamentazione per mettere un freno all’ecosistema delle Big tech che assomiglia al Far West. “Parole sacrosante quelle di Pier Silvio Berlusconi sui giganti della rete, il cui strapotere è intollerabile. Non pagano tasse, distruggono il commercio, alterano i principi della concorrenza. Godono di un’impunita’ totale”, ha subito sottolineato il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri. Non è il solo a pensarla così. Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha ribadito più volte che occorre mettere mano a regole che possano ricostruire un ambiente dove le imprese tradizionali possano competere con i giga capitalisti in modo “equo”. Orsini ha parlando pensando a come dovremo fronteggiare la nuova America dei dazi, dove le Big tech sono nate e sono protette dal nuovo sovrano come fossero un asset nazionale. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si è mosso su più fronti a favore delle Big, che lo ripagano. Il tycoon ha intimato all’Unione europea di non tassare le imprese americane che operano nel continente – si riferisce alle Grandi sorelle del web – e alla fine di gennaio ha ritirato gli Stati Uniti dall’accordo relativo alla Global Minimum Tax (Gmt) proposta dall’Ocse per contrastare l’elusione fiscale delle multinazionali. L’accordo sottoscritto da 130 paesi, punta a “contrastare la competizione al ribasso tra Stati in termini di tassazione delle multinazionali con un fatturato annuo superiore a 750 milioni di euro” e prevede che “corrispondano una quota di imposte (fissata al 15%) a prescindere dal luogo in cui operano”.

Una battaglia che l’Europa non può perdere. Ma che rientra in una faticosa discussione con molti punti di vista diversi e quindi poco concreta (ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha precisato ad esempio che la digital tax italiana non dovrà discriminare tra americani e non americani). Ma in realtà, qui si gioca il futuro – non solo economico – dell’Italia e dell’Europa. Il potere delle Big Tech è pervasivo, sociale, politico. Modella il nostro privato. Va arginato. E anche in questo caso a farlo notare recentemente è stata un’imprenditrice.

Un’altra Berlusconi, Marina: nell’intervista al Foglio qualche giorno fa ha messo in guardia sulla “dittatura dell’algoritmo”, che nelle piattaforme web (dal cinema in streaming alla ricerca online, dall’utilizzo dei social all’e-commerce) determina e indirizza le nostre scelte. Questo forse è il vero strapotere delle Big tech che entra nelle nostre vite e dovrebbe farci sobbalzare dalle sedie.