Modena, 12 gennaio 2016 - CIÒ CHE non è riuscito a Obama o alla Merkel, per lui non è un problema. «Sì, ho messo a terra Putin e più di una volta – ride Ezio Gamba, icona dello sport italiano, oro olimpico nel judo nel 1980 – Cosa vuole, capita di allenarci insieme…». Cinquantasette anni, bresciano, da fine 2008 Gamba è il grande capo della nazionale russa di judo. Ed è talmente bravo che lo Zar del Cremlino ha voluto conferirgli la cittadinanza. «È stata una sorpresa, un momento emozionante – racconta il diretto interessato –. Mi hanno molto colpito le parole del presidente».
Che cosa le ha detto?
«Nel discorso ha spiegato che lo sport può essere un veicolo di pace e di benessere e che io rendo testimonianza di questi valori».
Oddio, tra Ucraina e Siria il Putin pacifista non emerge moltissimo...
«Aspetti, sulla politica ognuno la pensa come meglio crede, ci mancherebbe. Ma mi lasci dire una cosa: da noi, in Italia e nel resto d’Europa, prevale una descrizione della Russia moderna che non corrisponde alla realtà».
In che senso?
«Beh, non bisogna sottovalutare la popolarità del presidente tra la sua gente. Io ho come l’impressione che Putin abbia restituito un senso di fierezza e di dignità a gran parte dei russi, ecco».
Una questione di orgoglio patriottico.
«Questa è la percezione. Ma tenga presente che io sono un tecnico di judo, mica un esperto di grandi questioni internazionali!».
Va bene. Ma com’è Putin visto da vicino, nel privato?
«Con noi in palestra non si presenta come uno statista, ci tiene molto al suo ruolo di appassionato, di praticante».
Dicono sia un fanatico del judo.
«È il suo sport preferito, viene a trovarci volentieri. Mi chiede spesso i video dei nostri atleti migliori, vuole studiarne le mosse, imitarli. Insomma, ha una cultura specifica notevole».
E sulla materassina, il tatami, come si comporta?
«Per la sua età non è male. Sa, una volta una ragazza della nazionale femminile l’ha sfidato sul serio, l’ha sbatacchiato di qua e di là e…».
E la signorina è finita in Siberia, immagino.
«Ma si figuri, il presidente era felicissimo, si è complimentato, aveva voglia di un combattimento vero, senza trucchi».
Scusi Gamba, ma lei come ci è arrivato, a Mosca?
«Ah, Mosca era nel destino, ci vinsi l’oro da atleta nel 1980, quando mi dimisi da carabiniere per non incappare nel boicottaggio preteso dagli americani. Poi ho allenato l’Italia fino al 2004, ero il maestro di Maddaloni, grandi gioie in palestra. Solo che le mie idee sullo sviluppo del judo non collimavano con i piani federali e mi sono spostato in Africa per un po’, a Pechino alla Olimpiade tre africani salirono sul podio e subito arrivò la proposta dei russi. Da otto anni giro dal Caucaso alla Siberia, dagli Urali a San Pietroburgo e sono felice del mio lavoro».
Un altro cervello in fuga.
«Ma nel mondo moderno certe cose sono normali. Ora penso ai Giochi di Rio, dobbiamo migliorare il bottino di Londra, tre ori un argento e un bronzo».
A Putin glielo deve.
«Di sicuro sarà il nostro primo tifoso».