Giovedì 18 Aprile 2024

Trattiamo Pirlo come gli altri

Paolo Franci

Chiaro, come si fa a non infatuarsi di uno come Andrea Pirlo? Impossibile resistere, perchè dietro a quell’uomo elegante con il ciuffo ordinato, le mani nascoste nel giaccone e la calma apparente che fa da quinta a chissà quale tumulto di emozioni, si muove ‘l’altro Pirlo’. Il giocatore che è stato e che gli vale così tanta reclame, è sempre lì con lui e non lo abbandona mai. Volteggia, dribbla, lancia e gestisce la palla. Ogni cosa che fa, che dice, che scrive, anche la più normale, diventa eccezionale non per il suo essere allenatore, ovvio, ma per quello che è stato nel nostro pallone. Come la storia della tesi di Coverciano, nella quale parla della sua idea "propositiva, di possesso e di attacco, un calcio totale e collettivo" e poi l’abusatissima teoria della manipolazione "degli spazi e tempi" con l’ambizione di "comandare il gioco nelle due fasi". Tutto questo viene vissuto come fosse il diamante Koh-I-Noor. Ci chiediamo: quale allenatore non vorrebbe dominare il gioco con un calcio totale e collettivo, ammaestrando spazio e tempo? Quel che sostiene Pirlo, è l’essenza del pallone che è utopia per molti e momento di perfezione per pochissimi. Il Guardiola di Barcellona. Il Klopp di Liverpool. Il Mou dell’Inter o la squadra più bella di tutte, l’Olanda di Rinus Michels.

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