"Devo sfruttare questo momento fin che posso", annuncia Tadej Pogacar dal palco della Freccia Vallone, ultima preda della sua straordinaria primavera. Già quarto alla Sanremo, il marziano sloveno si è preso Fiandre, Amstel e, appunto, Freccia, 12 vittorie in 18 giorni di corsa: se va fino in fondo e completa l’opera domenica con la Liegi, di mostruoso non ci sarà solo la statistica. Non è la Freccia la corsa che stabilisce la grandezza di Pogacar, eppure già che c’è lo sloveno se la prende: di fatto gli bastano i duecento metri finali sul muro di Huy, dove gli altri si arrampicano e lui sembra accarezzare l’asfalto. Da dietro lo osservano impotenti il bimbo Skjelmose, i veterani Landa e Woods e il nostro Ciccone: nell’ordine gli arrivano alle spalle. "Non è mai facile, ma vincere è sempre bello", dice Pogacar, solito sorriso e solita aria di chi viene da una pedalata con gli amici. Ora punta la Liegi, per una storica tripletta: lo aspetta l’iridato Evenepoel. "Non vedo l’ora", dice Pogacar e ha tutta l’aria di essere un avvertimento. Meno cannibale dello sloveno è Tao Geoghegan Hart: il leader britannico del Tour of the Alps si limita a controllare i rivali nella terza tappa, vinta con una manciata di secondi dal tedesco Kamna sul compagno Vlasov. Chiude ancora nei primi sette Fortunato, ora quinto in classifica.
Angelo Costa