Parigi, 14 aprile 2019 - Padrone assoluto di una Parigi-Roubaix 2019 resa durissima dal vento contrario, a quasi 37 anni Philippe Gilbert aggiunge un pezzo importante alla sua ricca collezione: questa era una classica che gli mancava, dopo aver vinto Fiandre, Liegi e Lombardia due volte, per fermarsi a quelle che valgono più delle altre. Di queste, gli manca solo la Sanremo. Nel conto salito ora a 75 successi complessivi vanno segnalati anche un mondiale, quattro Amstel, un paio di Parigi-Tours e tappe in tutti i grandi Giri: fuoriclasse non è un modo esagerato di indicarlo.
Da fuoriclasse Gilbert conquista la Rubè, dopo una primavera in cui prima ha lavorato per i compagni, poi ha mancato i bersagli che cercava, Sanremo e Fiandre. Per sfruttare una delle ultime occasioni in una classica fin qui affrontata solo due volte, il belga di Vallonia si mette al lavoro presto: mancano ancora 66 chilometri ed è già all’attacco col tedescone Politt, oltre a Selig, che si perderà presto per strada. Ai due che poi andranno a giocarsi la corsa, si aggregano Sagan, Van Aert, Vanmarcke e Lampaert, compagno di Gilbert: mancano ancora 50 chilometri e una dozzina di settori di pavè ed è la fuga che segna la giornata. Anche se è Gilbert che ha le redini della Regina delle classiche e non le molla: con un paio di accelerazioni spegne Van Aert a 23 chilometri dal traguardo e Sagan ai meno 16, prima di saltare sul vagone di Politt che dà un colpo di gas a 14 chilometri dal velodromo.
Qui al belga non resta che l’esecuzione finale, uno sprint senza storia che sigilla anche un trionfo di squadra della Deceuninck, con Lampaert terzo e quattro atleti nei primi otto. Poca storia ha pure la Rubè degli italiani, a secco da vent’anni: mentre Trentin lotta ancora con la sfortuna, forando mentre è in fuga e pagando dazio alla stanchezza delle rincorse, mentre Moscon va presto alla deriva con altri big come Kristoff, il migliore si rivela un esordiente, Davide Ballerini, canturino di 24 anni con un cognome illustri ma nessuna parentela con un grande interprete delle pietre francesi. Ci prova fino all’ultimo a infilarsi nella fuga giusta, senza riuscirci mai: chiude staccato, convinto giustamente che in futuro potrà tornare all’Inferno per giocarsela.
Parigi-Roubaix 2019, l'ordine d'arrivo
1) Philippe Gilbert (Bel, Deceuninck) km 257 in 5h 58’02’’ (media 43,07) 2) Politt (Ger) st 3) Lampaert (Bel) a 13’’ 4) Vanmarcke (Bel) a 40’’ 5) Sagan (Slk) a 42’’ 6) Senechal (Fra) a 47’’
8) Stybar (Cze) st 12) van Avermaet (Bel) st 22) Van Aert (Bel) a 1’42’’ 31) Ballerini a 4’25’’ 43) Trentin a 10’20’’, 84) Moscon a 15’51’’. LE PAROLE. Commosso fino alle lacrime, il principe Filippo, come vien chiamato Gilbert per la nobiltà del suo palmares, interrompe il digiuno dei belgi, che quest’anno sul pavè ancora non avevano vinto. ‘Avevo grande fiducia nelle mie possibilità, anche se di me si è sempre detto che non fossi adatto a questo genere di corsa: in fondo avevo dimostrato di poter far centro vincendo il Fiandre. Sono sempre stato convinto di poter conquistare tutte e cinque le classiche monumento e non è detto che prima di fine carriera non ci riesca. La tattica si è rivelata giusta, sono partito con Politt perché mi ero accorto che aveva un’ottima gamba, alla fine ci siamo ritrovati in due, abbiamo collaborato fino al velodromo e ognuno si è giocato le proprie chances’. LA NOTA POSITIVA. Oltre che dal vento, a consumare Wout Van Aert sono un’eccessiva esuberanza e una buona dose di sfortuna. Superata con difficoltà la foresta di Aremberg per via di un guaio meccanico, il re del cross cambia la bici con un compagno, riprende la sua dall’ammiraglia, subito dopo scivola in curva perdendo un minuto e lo riprende con un rabbioso inseguimento, prima di entrare nell’azione che decide la corsa. Che si spenga a 23 chilometri dall’arrivo è solo la conseguenza di una giornata rocambolesca, ma se impara a controllarsi ce ne farà vedere delle belle. LA NOTA NEGATIVA. Nella lenta erosione dei favoriti, accelerata dall’attacco di Gilbert, Sagan e Van Aert, spicca soprattutto Greg Van Avermaet: a digiuno di successi sulle amate strade del Nord, l’olimpionico va inesorabilmente alla deriva insieme ad altre grandi firme come Stybar e Naesen, tentando invano la rincorsa quando ormai è troppo tardi per salire sul treno giusto.