di Paolo Grilli
La festa nella notte con la squadra a Capodichino, scatenata, è stata solo l’antipasto di quella che Napoli prepara per quando lo scudetto sarà cosa fatta. Magari già domenica all’ora di pranzo (già rigettata dalla Lega A la proposta di spostare al giorno dopo la gara interna di sabato con la Salernitana), se la Lazio non vincerà a San Siro con l’Inter e la truppa di Spalletti avrà ottenuto nel derby campano un’altra vittoria.
Del capolavoro del club, dal presidente De Laurentiis al ds Giuntoli, si è già detto. Così come della resa stellare di una squadra che dopo le partenze di Insigne, Koulibaly, Mertens e Ruiz – quattro pilastri – ha saputo compattarsi con classe nuova e proiettarsi a quote stratosferiche, inarrivabili per le altre in Italia. Osimhen, Kim, Anguissa e Kvaratskhelia gli eroi capaci di ribaltare un destino. A Torino, domenica con la Juve, l’ennesima prova di forza.
L’uscita di scena in Champions contro il Milan è stato solo un passo falso in una marcia trionfale, quella che sta portando a un titolo atteso trentatre anni.
Il titolo in arrivo cambia però gli scenari, perché inevitabilmente partirà l’assalto delle big europee ai protagonisti dell’impresa. E per nulla al mondo ADL, c’è da scommetterlo, vorrà rinunciare al suo modello virtuoso di club, contenendo le spese e mantenendosi nell’alveo del sostenibile: una rarità, nel calcio.
Luciano Spalletti è stato il condottiero capace di realizzare, e ancora prima di pensare, un’impresa che racchiude tutto il bello del calcio. Gli azzurri hanno costruito il loro successo primeggiando nel possesso palla (con buona pace di chi sostiene che non conta), nei gol segnati (siamo a quota 67), negli assist (51), e con la seconda posizione nei tiri (524) dietro l’Inter. Il Napoli è solo 17esimo per distanza percorsa: non gioca quasi mai inseguendo, ed è infatti anche 16esimo per distanza “corsa“.
Forse per questo ha saputo essere continuo, mentre le rivali, sfinite da mille impegni, scivolavano con regolarità.
Napoli è una piazza che sogna un regno duraturo. E che ha tutto per mantenere il primato acquisito.
Restano da sconfiggere, dopo tanti avversari sul campo, le sirene dall’estero. Le quotazioni di Osimhen sono diventate a otto zeri, quelle di Kvara le sono vicine. E si apre il dilemma se tenersi stretti questi talenti di livello internazionale, o se lasciarli partire dando altro respiro al progetto. Sperando in altri miracoli sul mercato. Ma quando scatta l’ora dei fuochi di artificio, il limite è solo il cielo.