Se non lo vedi non ci credi. Ma è successo veramente. Sì, anche Zlatan il “duro“, Ibrahimovic il Dio, quel gigante di centonovantacinque centimetri per cento chilogrammi che tutti gli avversari temono, proprio lui può commuoversi. E piangere. Perché il campione è pur sempre un essere umano. Ed emozionarsi quando parli di un figlio triste è la cosa più naturale che possa succedere ad un papà.
E così quella che doveva essere una giornata di celebrazioni per il ritorno di Zlatan in nazionale dopo il suo nuovo record (quindicesimo gol in 15 partite stagionali col Milan) verrà ricordata soprattutto per le lacrime del bomber. Il quale alla conferenza stampa nel ritiro della Svezia si è presentato carico, con l’entusiasmo di chi è al primo giorno di scuola, col volto felice di chi si riprende parte del suo passato cinque anni dopo l’addio alla maglia gialloblù. Testa alta e petto in fuori, come sempre. Ibracadabra è riuscito anche a mettere da parte il suo "ego" smisurato e a tirar fuori il suo lato più umano. L’umiltà, la passione, l’amore per i suoi cari. È bastata una normale domanda, riguardo la lontananza dalla famiglia, per farlo "squagliare" come neve al sole: "Ho due piccoli a casa che calciano il pallone, mia moglie mi chiede di dirgli di smetterla ma io dico di no, possiamo comprare cose nuove se si rompono... (pausa). Vincent piangeva davvero quando sono andato via... Ma ora va meglio". A quel punto Zlatan si è fermato, ha chinato il capo, mettendosi la mano sugli occhi che luccicavano.
Dopo aver visto Ibracadabra fare magie sul campo, dopo aver apprezzato Ibra sul palco di Sanremo come showman, ecco un altro Zlatan che si toglie gli abiti del Personaggio. E diventa uomo normalissimo, felice, affettuoso. In un dolcissimo quadretto familiare dove il pallone fa solo da cornice ai sentimenti più nobili. Ed è allora che capisci perché uno come lui, con i suoi eccessi e le sue fragilità, diventa un punto di riferimento per chi gli sta accanto. Non è un caso che, all’alba dei 40 anni, il bomber sia tornato in nazionale.
Raccontando con sincerità il faccia a faccia col ct Andersson, che ha permesso la riconciliazione: "Un incontro molto positivo. Abbiamo parlato di tutto, della mia visione e della sua visione. Ci siamo capiti, sono qui per dare il mio contributo. In questo momento mi sento bene. Io sono forte. Sono qui solo per aiutare e fare del mio meglio, per decidere le partite, come succede anche al Milan. Se me lo chiedi, sono il migliore al mondo...". Ecco l’Ibra che conosciamo e che guarda tutti dall’alto verso il basso. Quello che riesce pure a far sorridere tutti dopo interminabili attimi di commozione. "Anche con la Svezia avrò la maglia numero 11. L’ho chiesta gentilmente in prestito a Isak, potrà riaverla quando me ne andrò io, tra 6-7 anni...". Mica scherza, anzi: "Non è ancora il momento di ritirarmi. Ogni volta che scendo in campo sono come un bambino che tocca il pallone per la prima volta. Non era così prima dell’infortunio, è arrivato dopo. Se è la testa a decidere, non mi fermo mai. Il Mondiale 2022? Dipenderà da come mi sentirò, dovrò dimostrare di non avere 41 anni anche se in realtà li avrò..."
Non potevano mancare parole al miele sul Milan, a conferma di un matrimonio che sembra destinato continuare: "Una giornata senza i giocatori del Milan è come una giornata senza i miei figli. Mi piace il progetto che sta facendo la società, anche se non è la stessa squadra di dieci anni fa, quando comprava giocatori di livello mondiale. Domenica ho battuto un record, ma non è questo che voglio. Il mio desiderio è giocare tante partite con la maglia rossonera". L’assist migliore per Raiola e Maldini: fra soldi, presenze e bonus un accordo si troverà. Perché è Zlatan che lo vuole.