di Mariachiara Rossi
Il sogno della Cremonese ha preso definitivamente forma nella serata di ieri e si è trasformato in solida realtà: la squadra lombarda, a 26 anni di distanza, ritorna in A e timbra per l’ottava volta nella sua storia l’ingresso nel massimo campionato professionistico italiano. Decisiva la vittoria di Como che vale il sorpasso sul Monza battuto a Perugia, all’ultimo turno.
La squadra allenata da mister Fabio Pecchia, subentrato il 7 gennaio 2021 sulla panchina a Pierpaolo Bisoli, lo fa nel modo più incredibile possibile, con una rosa tra le più giovani della Serie B e con un finale di stagione al cardiopalma, che ha lasciato col fiato sospeso fino all’ultima giornata tutti i tifosi grigiorossi, ai quali va dato atto di essere stati il dodicesimo uomo in campo durante tutta la stagione.
Il merito di questo traguardo è giustamente da attribuire ai ragazzi scesi in campo, tecnico compreso, che assieme sono passati dal terzultimo posto in classifica di inizio 2021, alla lotta por la conquista della vetta in poco più di un anno, ma anche alla società stessa, rappresentata dal patron Giovanni Arvedi, imprenditore siderurgico originario di Cremona, che ha voluto riportare il club della propria città ai fasti del passato, mettendo a disposizione le risorse e allestendo una rosa altamente competitiva, con alcuni elementi di esperienza come Ciofani e Di Carmine, talenti del calibro di Fagioli, Gaetano, Carnesecchi e Okoli. E una firma importante nell’impresa della Cremonese è quella del suo direttore generale Ariedo Braida, protagonista del Milan di tutta l’epopea Berlusconi: tocca proprio a lui, che è stato al Milan dal 1986 al 2013 ed è approdato alla Cremonese nel 2020 dopo aver rotto con il Barcellona,, bruciare sul traguardo dell’arrivo il suo ex Presidente e Adriano Galliani.
Il lavoro del reparto scouting è sempre stato uno dei punti di forza del club, il quale già negli anni ’70 si rese celebre per avere lanciato Cesare Prandelli e Antonio Cabrini, giovani talentuosi provenienti dal propri vivaio, che in pochi anni si affermarono a livello nazionale nei top club di Serie A.
La mano del Presidente all’interno della società si inserisce in una storica tradizione che vuole proprio le famiglie di Cremona a capo del club: il confronto con lo storico presidente cremonese Domenico Luzzara - patron dal 1967 al 1999 - con il quale la società grigiorossa si rese protagonista di una serie di successi tra gli anni ’80 e ’90, che culminarono con la conquista del trofeo Anglo-Italiano a Wembley grazie alla vittoria per 3-1 contro il Derby County il 27 marzo 1993, viene spontaneo, sebbene la strada per arrivare a tanta gloria sia ancora lunga, come potrebbe ammonire qualche tifoso di vecchia data.
Di fatto i legami con il passato sorgono naturali, poiché la società lombarda fa della tradizione la sua caratteristica vincente. Se è con il "Presidentissimo" Luzzara infatti che il club lombardo inizia la sua ascesa nell’Olimpo dei grandi, è con Gianluca Vialli, prodotto del settore giovanile, e le sue reti, che si festeggiò il ritorno in B nel 1981 e la storica promozione in A dopo 54 anni nel 1984 con in panchina mister Emiliano Mondonico.
Proprio nell’affare che portò Vialli alla Sampdoria nell’estate successiva, a Cremona arrivo un giocatore che per i numeri con cui faceva divertire i tifosi allo stadio fu soprannominato il "Marziano": Alvero Chiorri talentuoso attaccante originario di Roma, entrò subito nel cuore dei tifosi, facendo dimenticare la cessione di Vialli e conquistando due promozioni in A. L’ultima fase degli anni d’oro della presidenza Luzzara sono caratterizzati dalla gestione di "Gigi" Simoni, un altro personaggio che ha impresso inevitabilmente il proprio marchio nella storia del club: con lui in panchina la Cremonese vince il primo trofeo della propria storia nella coppa Anglo-Italiana, e nella stagione 1993-1994 raggiunge il decimo posto, migliore piazzamento della squadra negli ultimi 30 anni.