Massimiliano Allegri ci ricasca. Dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia, il tecnico bianconero se la prende prima con Marotta (con cui ha lavorato e che lo voleva anche portare all’Inter) e con il dirigente Baccin con cui c’era stato uno screzio già all’andata, e poi con i giocatori di Inzaghi, con frasi irripetibili ("siete delle m... arriverete sesti) che ieri hanno fatto il giro del mondo sui social. Poi il tecnico ha riversato sui suoi giocatori il resto del suo nervosismo invitandoli a chiare lettere a "lasciare quelli fuori dalla Champions". Per Allegri è un periodo di nervosismo particolare: "Ammazza, avete vinto uno scudetto... " ironizzava al termine della partita col Napoli. Poi le liti con i giornalisti di Sky, con i tifosi che attaccavano De Sciglio, Kean e Paredes, le scenate ripetute in campo. Uno stile così poco vicino al mood della Signora che non è sfuggito alla nuova società, nonostante al momento i problemi per il club del neo presidente Gianluca Ferrero e per John Elkann siano ben maggiori e di natura più economica e giudirico-sportiva che soltanto tecnica.
Ma tant’è: il capitolo Allegri alla fine è finito sul tavolo della dirigenza, spinto a forza dalle quattro sconfitte consecutive, dal crollo verticale in campionato, dalla "scomparsa" di giocatori come Vlahovic e Chiesa in campo, dal flop di Paredes giocatore fortemente voluto dal tecnico, dalla scelta di giocare sempre in modo rinunciatario e passivo, dalle scelte di formazione incomprensibili che da più parti hanno aumentato la pressione degli ambienti vicini alla società per un cambio.
Ma Allegri ha due assi nella manica che alla fine lo blinderanno in panchina. Il primo è ben noto da tempo ed è di natura economica: con un contratto fino al 2025 a 7 milioni netti l’anno, 14 lordi, più bonus, un esonero costerebbe a fine stagione 30-40 milioni, cui vanno aggiunti l’ingaggio del nuovo tecnico e del nuovo staff. Un’operazione da un centinaio di milioni. Ipotizzare una ricapitalizzazione per far fronte a questo nuovo esborso è impensabile dopo quelle degli ultimi anni. Ma c’è un secondo fattore decisivo. Il nuovo allenatore va ingaggiato a febbraio-marzo, già oggi è tardi: altrimenti i giochi sono fatti. Ma la Juventus oggi non ha certezze sul futuro ed un nome di primo piano (si sono fatto quelli di Klopp, Conte e Zidane) non accetta di scegliere un club a prescindere dalla sua partecipazione alle coppe europee o addirittura dalla sua presenza nella prossima serie A.
Così la società ha le mani legate, conferma il tecnico a gran voce per non dare alibi ai giocatori, già troppo destabilizzati da fattori esterni, ma nelle stanze della società la fiducia in Allegri è sparita: resta la speranza che partite devastanti come quella di Tel Aviv, quella di martedì sera a San Siro, le due con il Benfica, per citare solo le più importanti, non abbiano a ripetersi. Ma la speranza, fino a martedì, è stata vana. E con quattro sconfitte consecutive anche la Champions, che la restituzione attuale dei 15 punti sembrava aver assicurato, è in forse. E con la Champions, altri settanta milioni. Il tecnico, in queste condizioni, lo deciderà il cassiere, non il nuovo direttore sportivo.