di Doriano Rabotti
La Dakar su una Panda 4x4. Già scritta così sembra una roba da film, tipo quelli sul Maggiolino ’tutto matto’ Herbie di fine anni sessanta... E invece due equipaggi milanesi lo stanno facendo, grazie all’aiuto di un team speciale di cui parliamo a parte. Una delle due squadre in Panda che prende parte alla Dakar Classic, la gara parallela a quella principale che si disputa con vetture del secolo scorso (fino al 1999) è composto da moglie e marito, Alexia Giugni e Marco Leva. Sono loro a raccontarci dall’Arabia Saudita come è nata e come sta andando una sfida ai confini della realtà automobilistica. Trattandosi di intervista alla coppia, a volte le risposte sono doppie.
Marco, Alexia, come nasce la follia di fare la Dakar?
Marco: "È una sfida. La Panda è una macchina bellissima, indistruttibile, la regina di tutti i paesi di montagna. Io sono appassionato di Dakar, mi è venuta in mente l’idea e mi sono detto: perché non provarci?".
Chi dei due era più convinto tra moglie e marito?
Alexia: "Tutti e due".
Marco: "Io la sognavo, mia moglie era convinta".
Come è la convivenza in un abitacolo così estremo?
Marco: "È salutare per il matrimonio, perché dentro la macchina ci si dice di tutto e di più, ci si sfoga. Pensate che durante una tappa lei voleva abbandonarmi a un incrocio perché io ero il navigatore e avevo sbagliato una nota, quindi ci eravamo persi".
Alexia: "Confermo, come navigatrice io sono più brava di lui".
La Dakar è contemporaneamente un viaggio in terre inesplorate della geografia esterna e della psicologia interna: voi che cosa avete scoperto, in entrambi i casi?
Marco: "Di avere una resistenza alle difficoltà superiore a quanto immaginavo perché ci stanno mettendo a dura prova. Sulla geografia, stiamo attraversando paesaggi eccezionali, peccato che piova sempre".
Alexia: "In realtà per me la geografia esterna è fatta dalle persone, che si stanno rivelando accoglienti e curiose di conoscerci, anche se ovviamente il modo di vivere è completamente diverso dal nostro, soprattutto per quanto riguarda la condizione femminile. Quanto alle scoperte interiori, oltre alla gara c’è un mix di curiosità e desiderio di imparare".
Che cosa farete di diverso al ritorno, dopo questa esperienza, nel rapporto personale o nelle abitudini quotidiane?
Alexia: "Quando si torna si ricordano molto di più le cose belle rispetto per esempio alle notti passate all’addiaccio. Sicuramente apprezzeremo il nostro letto e il silenzio di casa nostra più di quanto non facessimo prima".
Marco: "Per prima cosa dormiremo per due giorni di fila. E vivremo dei ricordi delle ore vissute in questa esperienza".
La gara è più o meno dura del previsto?
Marco: "Molto più dura di quanto ci aspettassimo, sia dal punto di vista meccanico per il mezzo che da quello fisico per noi. Stare in macchina 14 ore è allucinante".
Alexia: "Molto più difficile, anche rispetto a come ce l’aveva raccontata chi l’ha già fatta".
La Panda come si comporta?
Alexia: "In tantissime situazioni meglio di quanto ci aspettassimo. Se avessimo saputo prima quello che abbiamo imparato qui, avremmo fatto qualche scelta tecnica diversa, dai vetri in plexiglass a una diversa disposizione delle luci. Ma la macchina fa cose che non ci aspettavamo".
Marco: "La Panda va a pezzi un po’ per volta, ma noi la teniamo insieme con il fil di ferro e la forza di volontà per portarla fino al traguardo".
Tornerete?
Marco: "Sì".
Alexia: "Sì...forse con una macchina diversa, o con la stessa macchina preparata diversamente. Ma sì, torneremo".