di Angelo Costa
Presentato a rate, senza la tradizionale cerimonia in diretta tv (al momento non c’è accordo né con la Rai né con altre emittenti), il Giro d’Italia del 2022 non perde una sua caratteristica: si consegnerà ad un atleta completo, bravo a reggere in salita e a difendersi a crono. Si scoprirà tra il 6 e il 29 maggio, con la partenza da Budapest anticipata al venerdì per ragioni organizzative, che comporterà un giorno di riposo in più.
Intanto sarà interessante scoprire chi sarà al via: non i due fenomeni sloveni Pogacar e Roglic, che puntano al Tour, non l’ultimo vincitore Bernal, orientato a sfidarli in Francia, né i fuoriclasse di ultima generazione come Van Aert e Evenepoel, e forse nemmeno Ganna, al quale strizza l’occhio il percorso della corsa gialla sulla via del mondiale o addirittura del record dell’ora. Restano gli stagionati Nibali e Froome, eventualmente Almeida, già visto in rosa, Caruso, Ciccone e chi verrà per farsi le ossa in una grande corsa tappe: il resto, a sorpresa.
Si dirà che è un percorso equilibrato, con sei arrivi in quota, altrettante tappe di media montagna e sette occasioni per i velocisti. In realtà di salita ce n’è parecchia, abbastanza anche per rendere meno decisivi i chilometri contro il tempo (una quarantina in tutto). Si comincerà a salire presto, alla quarta tappa, di rientro dall’Ungheria, con l’arrivo sull’Etna a quota millenove, secondo recente e felice tradizione degli organizzatori di agitare la corsa fin dalla prima settimana. Si proseguirà alla settima frazione, perché da Diamante a Potenza il dislivello è da tappone alpino e si sale tre volte a quote impegnative, poi alla nona, col Blockhaus, che evoca imprese storiche e può segnare la classifica.
Non sarà certo una giornata di riposo quella nelle Marche, che fra un muro e l’altro onorerà la memoria di Michele Scarponi nella sua Filottrano, né saranno comodi i viaggi verso Genova e Torino, che fra passi e valichi distribuiranno fatiche da montagna vera. Questa arriverà alla fine della seconda settimana, con l’arrivo di Cogne, e proseguirà con la tappa dell’Aprica, disegnata con Mortirolo e Santa Cristina come quella che nel 1994 rivelò Pantani. A seguire la frazione di Lavarone che si arrampicherà sul cattivissimo Menador, e la tappa friulana che sconfinerà in Slovenia per affrontare un dente doloroso come il Kolovrat (dieci chilometri al 10%), legata al ricordo di Caporetto, prima dell’esame dolomitico con San Pellegrino, Pordoi e arrivo a Passo Fedaia sulla Marmolada. Gran finale con la crono di Verona, una trentina di chilometri con la salita delle Torricelle e arrivo nell’Arena dove già si sono celebrati i trionfi di Ivan Basso nel 2010 e di Carapaz nel 2019.
Piaccia o no, il percorso è fatto. Ora bisogna fare molto altro, dalla scelta della tv alla presenza dei campioni alla partenza: il vero Giro comincia adesso.