Bologna, 29 novembre 2016 - Si fa presto a dire Lapo. E si fa anche presto a giudicare, soprattutto in presenza di episodi che evocano i fantasmi della recidiva.
E invece qui e ora io vorrei parlare di ex ragazzo, appunto Lapo Elkann, conosciuto per caso quasi vent'anni fa. Stava tramontando il Novecento e per caso venni a sapere che un giovanissimo nipote di Gianni Agnelli accumulava le prime esperienze professionali tra Modena e Maranello, tra stabilimento Maserati e fabbrica Ferrari. Poiché il quasi coetaneo Andrea Agnelli, oggi presidente della Juventus, si occupava degli sponsor della Rossa da Gran Premio, ecco, scrissi un banalissimo articolo sui rampolli della Dinastia.
Non potevo immaginare che uno dei due si sarebbe fatto vivo al telefono. Era proprio Lapo: voleva ringraziare perché per la prima volta il suo nome era finito sui giornali. Scherzando - profeta senza saperlo! - gli dissi che dalle news, soprattutto quando si appartiene a certe famiglie, conviene tenersi alla larga.
E insomma, senza se e senza ma, di Lapo ho visto da vicino il lato migliore: l'entusiasmo creativo, l'amore vero per l'automobile, lo slancio che all'alba del nuovo millennio diede alla rinascita della Punto e ancora la genialata di far correre il suo amico Valentino Rossi in moto sponsorizzato dal marchio Fiat.
Ma avevo visto, anche, la fragilità confusa nei ricordi di una infanzia infelice, trascorsa in solitudine in un remoto collegio svizzero. Dove il nonno adorato, l'Avvocato, andava a prendere lui e il fratello John per le vacanze estive. E c'era un velo di inquieta tristezza, nelle memorie di una normalità mai conosciuta davvero.
Non è questa la sede per sviluppare riflessioni sulle abitudini private del soggetto. Nemmeno mi interessa: di sicuro il gossip e gli scandali non potevano giovare alla credibilità "imprenditoriale" di Lapo. Lui me lo aveva confidato in tempi non sospetti, quando contribuiva a rinfrescare l'immagine del prodotto di serie Ferrari curando la personalizzazione dei bolidi del Cavallino, dagli interni in denim alla carrozzeria anfibia: "Il mio sogno è la presidenza delle Rosse, ma so che non accadrà".
Ora le cronache, impietose, narrano di un altro passo falso. Non sarà il primo, mi piacerebbe fosse l'ultimo. Per il ragazzo che era, a Modena e a Maranello, Lapo meriterebbe il regalo di una esistenza anonima. Per sfuggire ai demoni che lo tormentano, temo, da sempre.