Questa è la storia di una automobile. E di due fratelli. Che mai si sono conosciuti e mai si sono incontrati. Eppure, come in una bella canzone di Antonello Venditti, certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano. Alfredo Ferrari, Dino per tutti, era il figlio primogenito del Drake di Maranello. Nato nel 1932 dalla unione del padre con la moglie Laura Garello, aveva la stessa, immensa passione del genitore per le macchine, per i motori. Tormentato dalla distrofia muscolare, Ferrari junior non smise mai di pensare alle auto. Le amava. Tanto che, pochi mesi prima di arrendersi al male, si comprò una Fiat 750, originale utilitaria confezionata da Carlo Abarth, genio del design applicato alle quattro ruote.
Dino si spense il 30 giugno 1956. Aveva ventiquattro anni. La perdita segnò drammaticamente il papà, che coltivò sempre il ricordo di quel ragazzo. Anche finanziando personalmente la ricerca per la lotta alla terribile malattia.
Dino aveva un fratello più piccolo. Lo sapeva e aveva anche progettato di incontrarlo. Gliene mancò il tempo. Piero Ferrari, secondogenito di Enzo, era figlio di Lina Lardi, una maestrina che era entrata nel cuore del grande costruttore. Il Drake apparteneva alla società della sua epoca: in quella Italia là, anni Cinquanta del secolo scorso, l’adulterio era addirittura considerato un reato e la compagna di Fausto Coppi, il Campionissimo della bicicletta, aveva pagato con il carcere il suo amore per il dominatore del ciclismo…
“Io ho appreso di aver avuto un fratello solo quando Dino già non c’era più – mi ha raccontato Piero Ferrari, oggi vicepresidente della azienda di Maranello –. E lo imparai in modo del tutto casuale. Avevo undici anni, stavo tornando da una vacanza al mare con la mamma. Mi ero addormentato sul sedile posteriore. Mi svegliai e mia madre stava raccontando ad una signora che viaggiava con noi il grande dolore di papà per la scomparsa del figlio. Rimasi sbalordito. Il giorno dopo chiesi spiegazioni a mamma. Me le diede”.
Da allora, Piero ha avvertito l’esistenza di un legame indicibile, più forte dei costumi del tempo. Quando papà Enzo se ne è andato, nel 1988, l’erede ha continuato a sostenere gli sforzi della ricerca per sconfiggere la distrofia muscolare. Nel 2003 ha voluto che la fiction Mediaset sul genitore, interpretato da un bravissimo Sergio Castellitto, fosse dedicata a Dino. E in una memorabile, anche perché rarissima, apparizione televisiva al Maurizio Costanzo Show parlò con affetto e rimpianto del fratello mai conosciuto e mai incontrato, eppure così presente. Poi è saltata fuori la macchina. La Fiat 750. "Crescendo ne avevo sentito parlare da amici di famiglia – dice Piero –. Era stata l’ultima macchina di Dino. Con un poco di fortuna sono riuscito a rintracciarla. L’ho recuperata, l’ho fatta restaurare e adesso la tengo tra le cose più care".
Targata ’Mo 35317’, l’automobile oggi viene gelosamente custodita nel grande garage della residenza privata del vice presidente del Cavallino a Castelvetro, in un angolo magico della provincia modenese. Sta lì, come un gioiello del cuore, in mezzo a meravigliose Ferrari. Sta lì, come testimonianza di un amore che ha superato il tempo e i pregiudizi.
Questa è la storia di una automobile. E di due fratelli che non si incontrarono mai. Ma che sono indivisibili.