di Paolo Franci
Te ne accorgi entrando in un circolo di tennis quando fanno lezione i ragazzini. Troppi cappellini rovesciati per non essere un chiaro sintomo delle Berrettinimania. Se poi sarà come la contaminazione degli anni Settanta che qui in Italia, più di qualsiasi altra moda - politica o di costume - ci consegno generazioni di ragazzi coi capelli lunghi, la riga da una parte e la fascetta elastica alla Adriano Panatta, lo vedremo. Fu, il tennista romano, uno dei precursori dell’idolo sportivo a tutto sponsor. All’epoca i calciatori non esistevano o quasi da questo punto di vista. I primi segnali arriveranno negli anni ’80, con Falcao che con quel suo "Obrigado" inneggiava alla la pasta della Barilla, sponsor di maglia della Roma. Ma nelle camerette dei ragazzi c’era il poster di Panatta che capi pubblicizzava d’abbigliamento Fila, scarpe Superga e quellea racchetta Wip - Walter Italian Precision - ’Panatta Autograph’ di 4 etti che diede vita e magia al tennis più bello degli anni ’70.
Quasi 50 anni dopo è un altro tennista romano ad accendere la fantasia dei circoli e delle falangi della passione tennistica nel nostro Paese. Si chiama Matteo Berrettini e non è certo il match con Nadal agli Open (è iniziato stamane alle 4,30) a cambiare un’onda che può farsi rapidamente marea. E’ bello almeno quanto Panatta, ha classe quanto lui - tenendo conto che il tennis al cachemire dei tempi di Adriano ha lasciato il posto a quello al napalm e a tutto ace degli attuali bombardieri del circuito - piace a tutti come Panatta e quando passa, per fare un esempio, in mezzo allo splendore del Foro Italico, te ne accorgi dai gridolini delle ragazzine.
Non si lasciano andare a gridolini gli sponsor, che però hanno inquadrato nel mirino la tennis generation italiana. Matteo, Jannik Sinner, Lorenzo Musetti sono esempi perfetti da imitare per i nostri ragazzini. E conquistarli. E così, magari, l’educazione di Matteo, la sua simpatia, o quella di Sinner, sportivissimo in campo e fuori, possono duellare eccome, con la tracotanza e la volgarità di certi stereotipi di super gettonati calciatori.
E non è che lo diciamo noi. Lo dice uno studio di StageUp, società riconosciuta nelle ricerche di mercato, che con ChainOn ha inquadrato la crescita esponenziale del tennista nella prospettiva delle sponsorizzazioni. L’obiettivo è attrarre quella che viene definita ’Generazione Z’ e cioè i nati dal 1997 al 2012. Il tennis italiano, si legge nello studio, sta vivendo un boom "sia a livello di risultati sportivi che di interesse complessivo con personaggi che, con valenze diverse, esprimono qualità agonistica e un modo di essere italiani giovane, moderno, di appeal e internazionale".
Nel 2021 sono stati investiti oltre 750 milioni in sponsorizzazioni sportive nel nostro Paese, con una crescita pari al 16% rispetto al 2020, quando la lancetta si è fermata su 650 milioni). Merito, evidentemente, anche della prima edizione italiana delle Nitto ATP Finals a Torino, che hanno portato qui le migliori racchette del mondo. E il 2022 promette di rompere il muro degli 800 milioni investiti nello sport: siamo ancora lontani dai 900 milioni del 2019, ma l’incremento salta all’occhio.
In tutto questo, Berrettini tira da morire. A Melbourne sono stati messi in vendita più biglietti per il match tra Matteo e Nadal. Netflix ha già annunciato che l’azzurro sarà uno dei protagonisti della prima docu-serie dedicata al tennis, assieme ai big della classifica mondiale. E’ per questo che Matteo ha avuto telecamere al seguito per diverso tempo. Altro segnale inequivocabile è nelle strategie di espansione di Hugo Boss, che ha scelto di vestire il numero uno del tennis italiano, puntando sulle sue qualità estetiche e morali. E’ nato così il Berrettini ’total black’ che, non abbiamo dubbi, vanterà chissà quanti tentativi di imitazione tra i nostri teenager.