di Paolo Grilli
Il peso della sua vittoria autorizza l’altissimo paragone: Yeman Crippa sembrava Alberto Cova, quando ieri si è involato con una rimonta da sballo a conquistare l’oro europeo dei 10.000.
Una gara pazza, che si è infiammata nella seconda metà. E l’Italia gode per il suo terzo successo continentale, dopo quelli dei nostri pesi massimi dell’atletica Marcell Jacobs e Gimbo Tamberi.
Yeman è una libellula che accarezza la pista. Nessuno aggredisce con la sua disarmante leggerezza. Le sue gambe vorticano senza sforzo apparente, anche in gara sembra sempre sul punto di sorridere. Ma questo è il distillato di ben altro. La sua storia di fatica, la sua vita con le prime tappe tutte in salita sono state il miglior allenamento per correre verso la gloria.
Etiope di origine, Yeman è stato adottato insieme ai suoi cinque fratelli dalla famiglia Crippa nel 2001 dopo i primi anni di orfanotrofio ad Addis Abeba. Da bambino i tentativi nel calcio, sua grande passione (è tifoso dell’Inter), salvo poi scoprire che il talento portava alla corsa. In Trentino, dove vive, ha scoperto il valore della fatica, ha misurato il valore della bellezza che può far sprigionare.
Yeman quando mette le scarpe chiodate vuole anche fuggire dalla noia. E’ diventato primatista italiano dei 3.000, dei 5.000, dei 10.000 e della mezza. Anche nel cross, poi, è un drago. Gli mancava un oro nelle grandi competizioni, dopo il bronzo nei 10.000 quattro anni fa agli Europei e quello nei 5.000 pochi giorni fa a Monaco.
Ora il vuoto è stato colmato e il suo sorriso, se possibile, è ancora più disarmante. L’ultimo giro della gara di ieri ha mandato in apnea tutti i tifosi. C’era il semi sconosciuto norvegese Mezngi davanti (altra grande storia: è un profugo di 36 anni fuggito dall’Etiopia) e Yeman ha dovuto rompere gli indugi prima sbarazzandosi del francese Gressier e poi mettendo la freccia per arrivare tutto solo sul traguardo chiudendo in 27’46“13. Con tanto di dito alzato alla Mennea. Era da 32 anni che non vincevamo il titolo continentale dei 10.000. L’ultimo azzurro a farlo era stato Totò Antibo a Spalato 1990.
"Volevo finire bene l’Europeo – ha detto il 25enne neo campione –. Quando c’è la forma, si riescono a fare anche queste cose. Ho esultato come Jacobs, ma non ho i muscoli...". Nota non a margine: ai Mondiali il nostro non era potuto andare per un infortunio, si è rifatto con gli interessi. Ed è uno di parola. Dopo il bronzo nei 10.000, aveva promesso che la serata di ieri avrebbe portato vero divertimento. Lo hanno garantito anche le azzurre della 4x100, meravigliosamente di bronzo. Dosso, Kaddari, Bongiorni e Pavese hanno chiuso in 42“84, dietro a Germania (42“34) e Pavese (42“61).
Percorso inverso per Elena Vallortigara. Dopo lo splendido bronzo iridato, la veneta non è riuscita a superare 1,90 nella finale dell’alto (vittoria dell’ucraina Mahuchikh con 1,95) dopo aver superato agevolmente 1,82 e 1,86. Podio lontano e un passo indietro inatteso. Un ottimo Barontini è settimo negli 800 con il personale di 1’45“66.