di Angelo Costa
Conta l’ultima maglia rosa: vestendola per la prima volta nella domenica dei saluti, Tao Geoghegan Hart finisce dritto nell’albo d’oro del Giro. Ci riesce confermandosi più veloce del suo rivale Hindley nella cronometro, nel giorno in cui il suo compagno Pippo Ganna completa la sua straordinaria opera, sfrecciando per le vie di Milano oltre i limiti consentiti, quasi 55 orari. Quarto successo di tappa, con tutte le tre sfide al tempo e una fuga sulla Sila: non male come debutto per il granatiere di Verbania, che in una grande corsa a tappe non aveva mai messo il naso.
G come Geoghegan e come Ganna: era destino per la Ineos, scesa in Italia puntando su un altro Mister G, nel senso di Geraint Thomas. L’ha perso il terzo giorno, sgambettato da una borraccia che rotolava sull’asfalto siculo e lì ha cominciato a inventarsi una delle più belle imprese della sua già ricca storia: ha cominciato a far collezione di tappe (sette, alla fine), poi ha risalito la classifica con Geoghegan Hart, mettendogli la palla davanti alla porta nel giorno finale per il più facile dei gol. Si parla di un team che in un decennio ha vinto sette degli ultimi nove Tour, un paio di Vuelta e altrettanti Giri d’Italia: questo, di sicuro, rimarrà nel cuore di chi vi ha preso parte.
Curioso che lo scioglilingua inglese entri nella storia dopo una tappa senza storia: non c’è corsa per il successo di giornata, con il primatista dell’ora Campenaerts e l’ex iridato Dennis che restano a debita distanza dall’arcobaleno Ganna, non c’è gara nemmeno fra Geoghegan Hart e Hindley, alla pari in classifica e poi soltanto nei primi due chilometri. Da lì in poi emerge la differenza prevista, col britannico decisamente più concreto dell’australiano in questo tipo di esercizio. Meglio dei duellanti fa soltanto l’ex maglia rosa Kelderman, ma gli cambia poco: terzo era e terzo resta, quanto gli basta per festeggiare la prima volta su un podio importante.
"Finalmente non sono più il secondo ciclista di casa", scherza Geoghegan Hart, baciando la fidanzata Hanna Barnes, campionessa in bici, che non vedeva da settimane. "Non vedo anche l’ora di abbracciare la mia famiglia, dopo dieci mesi: fortunatamente in questo periodo difficile non ha avuto problemi", aggiunge il rosso di Londra, 25 anni, tifoso dell’Arsenal, golosissimo di crostate e appassionato di viaggi, con una preferenza per la Sicilia, laddove è cominciata la sua rincorsa rosa: nel giorno dell’addio di Thomas, ci ha rimesso un paio di minuti per aver forato ai piedi dell’Etna. Mai avrebbe immaginato di ritrovarsi tre settimane dopo sotto alla Madonnina milanese con la maglia più bella.
Non lo avrebbe immaginato nemmeno Pippo Ganna, che del trionfo del suo amico scioglilingua è un po’ il responsabile: brindando dopo il suo tris nella crono a Valdobbiadene, è stato lui a dirgli "adesso tocca a te". "Sono più emozionato io di lui. Questa è una famiglia come ne ho altre, da quella vera alla Nazionale: succede quando stai a lungo con persone che ti fanno sentir bene", racconta il missile di Verbania senza smettere di piangere.
A piangere dovrebbe essere piuttosto il ciclismo italiano, che chiude questo Giro con il poker di Ganna e la doppietta di Ulissi, ma non riesce a piazzare uno dei nostri nei primi cinque: nella storia rosa, non era mai successo. Per quanto lontano dai primi, il migliore resta Nibali, 36 anni fra poche settimane: spiega abbastanza. "E’ un risultato che va accettato", è il dignitoso congedo dello Squalo, anche se è più difficile accettare che ancora non si veda all’orizzonte uno in grado di raccoglierne l’eredità.