Martedì 12 Novembre 2024
MICHAEL CUOMO
Sport

C’è Monza-Milan, trent’anni in 90 minuti

E’ la prima partita di Berlusconi e Galliani in tribuna contro la squadra con cui hanno vinto tutto: e con Palladino l’impresa non è impossibile

di Michael Cuomo

Guardate i loro occhi, di Silvio Berlusconi e Adriano Galliani, per avere una conferma in più, semmai ce ne fosse ancora bisogno, di quanto e come glieli faccia brillare il calcio. Hanno parlato e parlano di tutto, nella loro carriera imprenditoriale. Ma il pallone è così: eternamente presente, da sempre e per sempre fonte di nuovi sogni. L’ultimo, del presidente, è il tricolore in Brianza e una versione di Monza in Europa. Ascoltiamo e appuntiamo. Intanto, riavvolgendo il nastro, chissà se quel primo pomeriggio di settembre di qualche anno fa, ormai quasi 5, immaginava Adriano Galliani, arrotolando due fili di spaghetti alla forchetta, di trovarsi prima o poi, in un futuro nemmeno così lontano, in Serie A a casa sua e di dover ospitare il Milan. Il suo Milan. Lasciato ma mai dimenticato. Oggi sarà così, ancora più strano e diverso rispetto all’andata, perché a San Siro la presenza dell’ad brianzolo è rimasta fissa e costante - se il calendario lo permette - e perché alla Scala mancava il presidente, atteso invece nel tardo pomeriggio allo stadio di Monza. Non era mai successo, quindi, che la "coppia più bella del mondo" pallonaro si ritrovasse in tribuna a seguire il Milan da avversario. Lontani qualche fila da Paolo Maldini, che di loro, e del loro Milan, è stato bandiera, capitano, vincente. Avversari mai, amici sempre, separati solo per 90’ da questioni di campo che hanno colori diversi. Il rossonero di una vita, il biancorosso del presente e futuro. Uniti, e anche questa è storia, dallo schieramento con difesa a 3 che per Silvio e Adriano è sempre stato un tabù. Ma il calcio si evolve a braccetto con le idee dei nuovi allenatori che avanzano, e loro, di rimanere indietro, non hanno proprio intenzione. Evoluzioni, però, che non possono cancellare una tradizione diventata ormai marchio di fabbrica: le vittorie intercontinentali, i trofei a decine, la capacità di fare di un club un modello sotto tutti i punti di vista. E di dare un senso a tutto, anche alla loro infinita carriera sportiva che sembrava essersi spenta definitivamente nel 2013. Invece no, c’era ancora una storia da scrivere, senza tradire e dimenticare il passato. Galliani non ha mai smesso di parlare di Milan, è più forte di lui; Berlusconi, anche lui, ha sempre dispensato consigli con la tattica in primo piano, trequarti e attacco sono il suo forte. L’ultimo, su Leao: "Per me può fare il centravanti", dice Silvio. "Sono sempre d’accordo con Berlusconi", è la risposta elegante di Pioli. Perché evidentemente il diktat storico - "Le parole del presidente si ascoltano ma non si commentano" - è rimasto nell’aria a Milanello. Tra il vecchio e il nuovo Milan, poi, i legami sono più di uno. C’è, quell’immagine, di Piazza del Duomo, di una folla oceanica festa per lo scudetto, e Silvio e Adriano che saltano su una terrazza come fossero due di loro. In effetti lo erano. Era la settimana che portava alla trasferta di Pisa. Il resto è storia, che ci porta fino a qui. Ancora, come fossimo tornati indietro nel tempo: il Milan, Berlusconi e Galliani. Protagonisti, in ruoli diversi, di un nostro week end del pallone. E allora a noi il "noi contro noi", ribattezzato così dall’ad della cravatta gialla. Quest’ultima una volta era per scaramanzia a favor di Milan, oggi è destinata a Palladino in caso di impresa. Comunque andrà, sarà - anche questa - storia.