Lunedì 23 Dicembre 2024
GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
Calcio

Napoli, la rivincita di Spalletti. Uno scudetto che sa di giusta consacrazione

L'allenatore di Certaldo a un passo dal trionfo dopo anni complicati. Dalla Roma all'Inter, passando per i tormenti proprio nel capoluogo campano, dove oggi è una divinità

Luciano Spalletti

Napoli, 25 aprile 2023 - Come succede sempre in questi casi, la corsa per trovare l'uomo copertina che possa fungere da simbolo del trionfo è cominciata e il rischio, si sa, è relegare qualche protagonista nelle retrovie: rischio concreto per i giocatori magari meno appariscenti e presenti in campo, ma non per chi ha guidato con maestria, saggezza e determinazione un vascello prossimo ad approdare nel porto più prestigioso. Oggi tutti sono saliti sul carro che incensa con pieno merito Luciano Spalletti, eppure le cose non sono andate sempre così: anche e soprattutto a Napoli.

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La maledizioni dei capitani

Oggi fa scalpore l'epiteto 'tricologico' rivolto da Marco Landucci, vice di Massimiliano Allegri sulla panchina della Juventus, all'allenatore di Certaldo, ma quest'ultimo nel passato più o meno recente ne ha sentite d'ogni sorta sul suo conto. La narrazione può partire dagli anni di Roma, quelli in cui, considerando entrambe le avventure intervallate dalla lunga parentesi allo Zenit San Pietroburgo, Spalletti aveva costruito una macchina bella, bellissima, ma che puntualmente si inceppava nel momento clou. Alle critiche per questo ruolino di marcia diventato tristemente consueto e dal sapore quasi maledetto, negli ultimi anni trascorsi con addosso la sciarpa giallorossa per Spalletti si aggiungeva l'onta della 'lesa maestà' nei confronti del capitano per eccellenza: la lunga querelle con Francesco Totti viene tuttora ricordata come una delle vicende più divisive della storia del calcio italiano (e non solo). Da una parte c'era chi difendeva il tecnico toscano, le cui scelte erano dettate dal bene supremo, quello del collettivo e dall'altra c'era chi invece proprio non riusciva a vedere l'ex numero 10 giallorosso come un giocatore qualunque da relegare quindi in cantina a causa di una carta d'identità non più verdissima. Curiosamente, la fascia da capitano per Spalletti si è rivelata in un certo senso indigesta anche all'Inter, con la dismissione a mezzo social di Mauro Icardi appannaggio di Samir Handanovic. Le cose sarebbero andate un po' meglio nel capoluogo campano, ma solo perché dietro la lunga soap opera tra il Napoli e l'allora capitano Lorenzo Insigne c'era solo la questione rinnovo e non qualche scelta più o meno popolare di un allenatore che, in effetti, popolare lo è sempre stato a metà.

Le difficoltà in azzurro

Sempre e ovunque: perfino in quella piazza che già oggi, in attesa del crisma della matematica sullo scudetto, porta in gloria il proprio condottiero. Si comincia dagli esordi, con un ingaggio che non trovò l'unanimità dei consensi dopo la parentesi targata Gennaro Gattuso: parentesi in cui il Napoli aveva messo in carniere una Coppa Italia e, di fatto, mancato il pass per la Champions League per appena un punto. Ecco, probabilmente dietro quest'apparente inezia c'è la nascita del corso attuale, che porterà al terzo scudetto della storia del club partenopeo e lo farà dopo le ritrosie iniziali di parte della piazza che sarebbero poi state avvalorate, un anno fa, dalla fine del sogno tricolore proprio dove, per Spalletti, tutto era cominciato. Il Napoli crolla a Empoli dopo un doppio vantaggio iniziale vanificato nel giro di pochi minuti: in quel momento si è consumato il punto più basso dell'avventura in azzurro dell'allenatore di Certaldo, messo alla gogna da gran parte della piazza e forse messo in dubbio dallo stesso Aurelio De Laurentiis. La conferma del patron sarebbe poi comunque arrivata nei mesi seguenti, quelli della rivoluzione del parco giocatori con le partenze praticamente di quasi tutti i veterani: partenze accettate - specialmente in determinati casi - con non poche riserve da parte di Spalletti che a mezzo stampa, a dispetto delle ben note abilità da oratore, non sempre era stato bravo a celare il malcontento per un mercato apparentemente votato al ridimensionamento del progetto. In quel momento si (ri)accendeva di fatto la miccia tra De Laurentiis e la parte più calda del tifo azzurro che, contemporaneamente, chiedeva anche la testa (e stavolta non in senso 'tricologico') proprio di Spalletti. Difficile immaginare che da quel clima di tutti contro tutti sarebbe nato il capolavoro sportivo a un passo dal suo pieno compimento.

La rivincita

Invece sta per succedere proprio questo anche grazie a un'estrema valorizzazione di una rosa ricca di talento ma comunque giovane e acerba: il tutto con un bel pizzico di fortuna, qualità da sempre attribuita a Spalletti e spesso con l'intento di voler sminuire il suo lavoro. Nel caso specifico, difficile ascrivere alcuna colpa al tecnico toscano per il clamoroso 'ciapa no' sfoderato a turno da tutte le altre (presunte) rivali per il titolo, che gradualmente ma inesorabilmente si sono sfilate da una lotta di fatto mai cominciata. Certo, nessuno saprà mai come sarebbero andate le cose nel contesto di un campionato più tirato e, in un certo senso, competitivo: teoria oggi ovviamente invisa all'ombra del Vesuvio, ma curiosamente propugnata con vigore proprio a quelle latitudini quando di situazioni analoghe beneficiavano altre squadre. Tuttavia, si sa: essere tifosi ed essere obiettivi e coerenti sono concetti che raramente vanno a braccetto. Quanto al dubbio sull'esito della contesa in corso, la palla passa a un futuro in cui il Napoli e lo stesso Spalletti non potranno più giocare a nascondino nei meandri delle griglie di inizio stagione, quelle che curiosamente all'alba di questa annata collocavano gli azzurri addirittura giù dal podio bocciandone un mercato all'insegna della sostituzione dei pezzi grossi con incognite dalla dubbia resa. Il campo, l'unico giudice supremo, avrebbe poi emesso nel tempo le sue sentenze impossibili da impugnare: il Napoli vincerà lo scudetto e, soprattutto, Spalletti vincerà lo scudetto e lo farà dopo una carriera - per sua stessa ammissione - vissuta tra sacrifici, gavetta e appellativi non sempre lusinghieri sul suo operato. L'allenatore di Certaldo lo ha rivendicato a chiare lettere dopo la vittoria in casa della Juventus, quella in cui si è beccato l'ennesimo epiteto sulla sua 'pettinatura': almeno non si potrà più dire che Spalletti ha più capelli in testa che scudetti nella bacheca.

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