Roma, 4 maggio 2023 – Sessantamila cuori azzurri pigiati nello stadio intitolato a Maradona. Così il popolo napoletano festeggia il terzo scudetto dentro il suo tempio consacrato al pallone: fra i maxischermi che rimandano le immagini di Udine, dove una colonia partenopea ha esportato il suo tifo vulcanico e l'entusiasmo irrefrenabile. Il primo scudetto dopo l'era Maradona arriva a 33 anni dall'ultima prodezza del Pibe argentino elevato al rango di semidio dal popolo napoletano.
Può finalmente sorridere Spalletti ad onta di chi lo chiamava perdente (o peggio...), perché la sua, e quella del Napoli, è un' impresa titanica. Strappare un titolo all'egemonia dei grandi club del nord è sempre un modo sicuro per scrivere la storia. Se poi lo si fa con un progetto societario e tecnico coerente e lucido, la vittoria vale ancor di più.
L'uomo di Certaldo, oggi secondo per notorietà solo al compaesano Boccaccio, ha regalato al Napoli la più alta delle sue poesie, confezionando una squadra votata allo spettacolo a quel calcio-divertimento che troppo spesso rimane una chimera. Il diesse Giuntoli gli ha fornito gli uomini per non far rimpiangere Insigne e Koulibaly. E lui con Kim e lo straordinario Kvaratskhelia, oggi soprannominato Kvaradona, ha fatto il miracolo con la collaborazione determinante dell'uomo mascherato Osimhen. A volte la competenza e la capacità di scegliere i talenti vale più delle centinaia di milioni di euro spesi a profusione.
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