Napoli, 3 novembre 2020 - Più paghi un giocatore e più salgono le aspettative dei tifosi: il ragionamento è discutibile ma reale e lo sta scontando sulla sua pelle anche Victor Osimhen, alle prese con un inizio di stagione più difficile del previsto.
La rete all'Atalanta e poi il nulla
Appena un gol in 7 partite giocate e il tutto condito con l'etichetta di giocatore più costoso della storia del Napoli grazie agli 80 milioni sborsati da Aurelio De Laurentiis quest'estate. Quello del patron è stato un investimento monstre e quasi a scatola chiusa, perché nemmeno in Francia il nigeriano godeva della fama di attaccante da 30 reti a stagione. Probabilmente non è stato acquistato solo per questo ma anche per scardinare le difese avversarie, che in effetti nelle prime uscite stagionali erano apparse molto impreparate di fronte alla velocità e alla capità di attaccare la profondità del classe '98. Lo sa bene l'Atalanta, la prima e finora unica vittima italiana di un Osimhen che da quel momento in poi si è inceppato e non solo sotto il profilo realizzativo: l'ex Lille è leggermente uscito dalle trame azzurre, denotando tra le altre cose un nervosismo eccessivo che, si sa, è deleterio per chi come lavoro deve mantenere la mente lucida per finalizzare una mole di gioco che al Napoli non sta mancando. Insomma, all'ombra del Vesuvio cambiano gli interpreti ma periodicamente si ripropongono gli stessi problemi che finiscono per porre l'intero attacco sul banco degli imputati, con il posto d'onore che spetta quasi di diritto al prezzo più pregiato.
Due tesi contrapposte
Finché i partenopei hanno sbattuto il muso contro squadre chiuse e arroccate in difese, il momento di appannamento di Osimhen e compagni è sembrato quasi una logica conseguenza di quegli spazi venuti meno: almeno questa era la giustificazione più gettonata nel capoluogo campano da una parte della tifoseria, quelle per così dire più ottimista. L'altra fazione si poneva un quesito importante: se il Napoli già in passato appariva letale a campo aperto, che bisogno c'era di investire così tanto per un giocatore che finisce per soffrire le marcature ermetiche? Poi al San Paolo si è presentato un Sassuolo dalla difesa tutt'altro che d'acciaio e nulla è cambiato: pochi tiri in porta e ancora meno occasioni degne di tale nome. Se a San Sebastian il cinismo (una conclusione, per giunta deviata e un gol segnato) aveva salvato gli azzurri, contro i neroverdi tutti i problemi sono emersi con prepotenza e a farne le spese è "mister 80 milioni". C'era da aspettarselo.