Mercoledì 13 Novembre 2024
GIUSY ANNA MARIA D'ALESSIO
Calcio

Napoli, Osimhen: "Qui ricevo tanto amore: voglio sdebitarmi regalando un sogno"

Al nigeriano fa eco Elmas: "Siamo un gruppo forte e ben allenato e quest'anno ci sta aiutando anche la fortuna"

Victor Osimhen (Ansa)

Victor Osimhen (Ansa)

Napoli, 23 marzo 2023 - La palla, almeno per quanto riguarda il campionato, nel prossimo fine settimana non rotolerà, ma dai ritiri delle rispettive Nazionali ci sono tante tracce di Napoli: senza dimenticare l'attesissima Italia-Inghilterra in programma sul prato del Maradona. Il leitmotiv è sempre il solo: il sogno scudetto che si avvicina sempre di più, con tutte le liete conseguenze del caso.

La ricetta vincente di Osimhen

Si comincia da Victor Osimhen: intercettato dai microfoni di Elegebete Tv Sports, il capocannoniere del campionato non ha nascosto uno stato di soddisfazione che, com'è giusto che sia, tocca diversi piani. "Sono estremamente orgoglioso di me: sto scrivendo dei numeri fantastici e questo è un bene sia per me sia per la squadra. Siamo in corsa per vincere la Serie A e il momento di festeggiare si avvicina sempre di più. Prima però, parlando a livello personale, dovrò ancora dare tutto me stesso affinché il sogno si avveri: allo scudetto manca ormai sempre meno". Insomma, come già ampiamente successo in città, anche tra i giocatori azzurri viene meno l'ultimo velo di scaramanzia. Come ricordato però dallo stesso bomber nigeriano, più che altro per una mera questione matematica, bisogna ancora pedalare prima di tagliare il tanto agognato traguardo, reso possibile soprattutto dal lavoro certosino svolto nel tempo da Luciano Spalletti. "Il mister mi piace perché ha il mio stesso tipo di mentalità: non crede che sia fatta finché non è davvero fatta. Ha tramesso questa filosofia a tutto lo spogliatoio - continua Osimhen - e lo si vede dagli allenamenti: ci diamo dentro come se dovessimo salvarci e questo è uno dei nostri segreti". Un altro segreto riguarda strettamente le dinamiche interne tra i veterani e le nuove leve: al centro dei discorsi il bene collettivo chiamato Napoli. "Chi veste questa maglia da più tempo, come me, Giovanni Di Lorenzo e Mario Rui, sta cercando di entrare nella testa dei più giovani per far capir loro chi siamo, da dove vediamo e cosa abbiamo passato nelle scorse stagioni prima di arrivare a questo punto e vincere qui. Ora siamo vicini a mettere le mani sul campionato, ma dobbiamo insistere nelle prossime partite per poter diventare finalmente campioni".

Il calvario prima della rinascita

In quel vissuto a cui fa riferimento Osimhen è compreso anche il lungo calvario personale di colui che oggi sta invece facendo finalmente pace con il destino e la fortuna: per la gioia del diretto interessato e del Napoli. "Fin dal mio approdo in Europa mi è successo di tutto: in Germania ho subito tre operazioni al ginocchio destro prima di un altro intervento alla spalla. Tutte queste tappe dolorose mi hanno fatto diventare chi sono oggi. Poi sono arrivato in Italia e ho dovuto fare i conti con il Covid, un infortunio alla mano destra e poi il problema al volto che mi ha tenuto fuori 3 mesi: nonostante tutto - continua il nigeriano - ho sempre creduto in me stesso e sapevo che sarei tornato più forte di prima". Merito anche del feeling quasi immediato scattato con il Napoli e con Napoli. "Questa città è diversa da tutte le altre soprattutto per com'è visto il calcio. Qui c'è un culto quasi sacro per Diego Armando Maradona, ma anche noi che giochiamo oggi riceviamo sempre il costante supporto dei tifosi: succede in particolare a me, perché quando mi faccio male o quando sbaglio un gol sento ancora che lo stadio canta il mio nome. Ho un solo modo per sdebitarmi di tutto questo amore che sto ricevendo e di cui sono molto riconoscente: continuare a dare tutto per avvicinare ulteriormente un sogno sempre più concreto".

L'Elmas romanista

 

 

Dalla Nigeria alla Macedonia del Nord di Eljif Elmas, intercettato dai microfoni di DAZN: non senza far trasparire fin da subito un caratterino tutto pepe ben noto all'ombra del Vesuvio. "A me non piace tanto correre, ma devo farlo per forza nel contesto di un calcio moderno in cui ogni giocatore è chiamato a questo". Non si tratta però dell'unica dichiarazione particolare rilasciata dal jolly di centrocampo e attacco: insomma, alla faccia di chi non ama faticare su e giù per il campo. "In Macedonia il calcio italiano è sempre stato molto seguito. Lo facevo anch'io: il mio idolo era Francesco Totti, che era un vero e proprio fenomeno e la mia squadra del cuore era la Roma. Mi piaceva il loro gioco e solo in seguito ho cominciato a guardare le partite delle altre squadre di Serie A". Inutile sottolineare chi fosse l'allenatore dei giallorossi in quel periodo: proprio lo stesso Spalletti che oggi deve gestire uno spogliatoio a dir poco multietnico. "In realtà i nostri rapporti non dipendono dalle nostre nazionalità, bensì dai caratteri di ognuno: se sei un uomo bravo - continua Elmas - lo spogliatoio sarà unito e forte". Guai però a pensare che fosse questo il problema del Napoli negli anni scorsi, quelli in cui mancava sempre il cosiddetto centesimo per fare l'euro. "Anche nelle stagioni passate eravamo un bel gruppo e la squadra era competitiva, ma la fortuna non girava dalla nostra parte. Quest'anno invece la buona sorte ci sta aiutando tanto, ma il resto lo facciamo noi pedalando tanto e bene". La chiacchierata del macedone si chiude con una confessione chiara e netta su chi sia il giocatore che l'ha stupito maggiormente. "Dico senza dubbi Kim: è un grande uomo con il carattere giusto e un giocatore impressionante, ma tutta la squadra è molto forte e preferisco non fare nomi altrimenti dovrei citare tutti". Una menzione speciale è però doverosa per capitan Di Lorenzo ("è il nostro condottiero principale subito dopo il mister") e poi proprio per Spalletti. "Ha innanzitutto creato un bel gruppo e ci ha dato un gioco più basato sul collettivo, oltre ad aver fatto crescere tutti velocemente dal punto di vista personale. Inoltre - conclude Elmas - ci divertiamo giocando e penso sia una delle prerogative principali per fare bene questo lavoro: la palla gira a 1000 km/h e noi facciamo lo stesso".

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