Napoli, 13 aprile 2023 - Dopo il poker incassato in campionato il Napoli sognava la pronta rivincita in Champions League: invece il primo round dei quarti di finale sorride al Milan, che però stavolta non dilaga e lascia tanti spiragli agli azzurri in ottica ritorno. Ammesso che nel frattempo, prima di martedì 18 aprile, Luciano Spalletti sistemi tutte le criticità che stanno turbando la sua squadra.
Fuori Anguissa e Kim
Mai come stavolta non si tratta di un modo di dire: a dispetto di uno scudetto praticamente ormai vinto, i partenopei palesano un nervosismo che, al netto delle decisioni non sempre lucide dell'arbitro Istvan Kovacs, si sta rivelando eccessivo e controproducente. Basti pensare alla conta dei danni che si ritrova a fare il tecnico toscano il giorno dopo la sconfitta decisa da un guizzo di Ismael Bennacer: per la gara di ritorno il Napoli dovrà fare a meno degli squalificati André-Frank Zambo Anguissa e Kim Min-Jae e se per il camerunese (punito con due gialli nel giro di pochi minuti) si può recriminare sull'eccessiva severità del direttore di gara rumeno, per il sudcoreano (diffidato e ammonito per proteste) si può parlare senza mezzi termini di una clamorosa ingenuità che rischia di pesare come un macigno nell'economia di un doppio confronto che, in linea teorica, avrebbe dovuto ridare smalto in ambito internazionale al calcio italiano. E' andata davvero così? In realtà la gara del Meazza, dal punto di vista tecnico, ha offerto uno spettacolo piuttosto scarno su entrambi i fronti. Leggermente meglio i rossoneri e non solo grazie al verdetto emesso dal campo: Rafael Leao, seppur senza riuscire stavolta a trafiggere Alex Meret, vince ancora una volta il duello a distanza con Khvicha Kvaratskhelia, oscurato ancora di più da un Brahim Diaz di nuovo devastante contro un Napoli che potrebbe aver trovato, nella coda della stagione, la sua kryptonite.
Dentro Osimhen
L'arma a disposizione di Spalletti per provare a riequilibrare il confronto con il Milan si chiama Victor Osimhen, il cui rientro in vista del match dil ritorno è ormai dato per certo. Un'ottima notizia per gli azzurri, apparsi ieri spuntati e forse penalizzati dalla mossa a sorpresa del tecnico toscano. Con Giovanni Simeone fermo ai box e Giacomo Raspadori praticamente a mezzo servizio, Spalletti ha dovuto plasmare un attacco inedito e di emergenza: al centro del tridente è finito Eljif Elmas e la scelta non si è rivelata vincente. Certo, non si può dire che il resto del reparto avanzato sia stato molto più pericoloso: i principali guizzi offensivi li ha creati dagli sviluppi dei calci da fermo Giovanni Di Lorenzo, l'ultimo dei suoi ad arrendersi e il primo a suonare la carica in vista di un ritorno in cui il Napoli dovrà cambiare tanto per ribaltare la situazione. E' facile parlare di un solo gol da rimontare in un contesto da sempre infuocato come quello del Maradona: è più complicato addentrarsi nei meandri di due fronti molto pericolosi per gli azzurri. Si comincia dal calcio giocato: il Milan anche ieri si è dimostrato letale nelle ripartenze, trovando la via della rete proprio con questa specialità. Figurarsi come i rossoneri potrebbero banchettare nelle praterie lasciate da una squadra totalmente lanciata in proiezione offensiva. Da qui la necessità del Napoli di attaccare ma con criterio, efficacia ed equilibrio: ingredienti spesso mancati ultimamente, insieme a una fase difensiva da rivedere specialmente alla luce dell'assenza di Kim. Poi c'è il fattore ambientale, quello invocato a gran voce dallo stesso Spalletti dopo la sconfitta del Meazza: forse per la prima volta il tecnico toscano ha velatamente criticato quella parte della tifoseria azzurra in totale dissenso con la proprietà e in particolare con Aurelio De Laurentiis anche in una stagione del genere.
La minaccia di Spalletti
Spalletti non si è limitato a fare un appello diplomatico, come spesso nel suo stile che oscilla tra il garbo estremo e la punta di vetriolo ben celata. Il tecnico toscano ha apertamente minacciato di lasciare la panchina azzurra se dovesse verificarsi un'altra 'tonnara' al Maradona, teatro poche settimane fa di un tutti contro tutti in Curva B in cui di mezzo c'era De Laurentiis: da una parte chi insultava, insulta e insulterà il patron a dispetto di qualsiasi risultato eccelso raggiunto dal suo club e dall'altra chi invece, proprio in onore di un'annata del genere, difendeva, difende e difenderà il padrone dell'intero vapore. Quella sera sul rettangolo verde di Fuorigrotta c'era il Milan e, tra l'altro sempre contro i rossoneri, risulta difficile pensare che il tifo azzurro possa compattarsi nel giro di pochi giorni. Casomai servisse una riprova, è sufficiente prestare attenzione ai decibel di ieri al Meazza: curiosamente tutti, tra rossoneri e partenopei, compatti contro De Laurentiis, che a modo suo trova lo stratagemma per smettere di essere un personaggio divisivo. Al di là dei tentativi di sdrammatizzare una situazione paradossale, molto ovviamente ce lo mette lo stesso ADL, che prima di ogni appuntamento clou non lesina mai dichiarazioni volte a stuzzicare pubblico avversario e amico. Chi semina vento raccoglie tempesta: il problema è che in questa tempesta ci è finita una squadra vicina a regalare alla piazza il terzo scudetto dopo un'attesa decennale. A sua volta ci è dentro fino al collo Spalletti, che difende i suoi ragazzi e mette spalle al muro il tifo, la nota stonata in un contesto come quello partenopeo a cui viene spesso riconosciuta proprio la prerogativa che sta invece clamorosamente mancando ora. Un assaggio di ciò che succederà martedì 18 aprile si avrà il sabato precedente, quando al Maradona si presenterà il Verona per una sfida che, classifica alla mano, potrebbe dare più spunti sugli spalti che in campo, con Spalletti come spettatore più interessato di una situazione da ricucire in fretta: magari prima di quello che sarà l'appuntamento più importante di una stagione che, paradossalmente, rischia di annebbiarsi qualora la clamorosa e forse irripetibile chance offerta dal palcoscenico della Champions League dovesse essere gettata alle ortiche.
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