Napoli, 28 aprile 2023 - L'ufficialità dello slittamento di Napoli-Salernitana da sabato 29 aprile alle 15 a domenica 30 aprile alla medesima ora è arrivata in mattinata, ma la notizia era nell'aria già da ieri, da quando cioè il CASMS, che era stato sollecitato dall'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive su indicazione della Prefettura del capoluogo campano, aveva espresso il proprio assenso. Il resto lo ha fatto la Lega Serie A, ratificando la modifica della programmazione del derby campano ma anche delle altre partite inficiate da questa decisione che, oltre a creare una sorta di precedente, solleva non poche polemiche.
Il retroscena sulla Lega Serie A
Si comincia dalle perplessità della stessa Lega Serie A, che si è ritrovata suo malgrado ad accettare quasi a mo' di resa l'ordinanza della Prefettura, emessa già ieri sera: la motivazione è legata alla tutela dell'ordine pubblico, verosimilmente garantito maggiormente cercando di concentrare l'eventuale festa (che dipende anche dal risultato di Inter-Lazio, in programma domenica 30 aprile alle 12.30) in una sola giornata e magari nella cornice amica del Maradona. A distanza di qualche ora in Via Rosellini hanno ratificato la decisione, non senza appunto dubbi che non fanno altro che aumentare la tensione intorno a uno scudetto praticamente in un certo senso assegnato da settimane (se non mesi) che però, nelle ultime ore, sta assumendo connotati tutti particolari. Il primo punto all'ordine del giorno è proprio questo: perché tutte queste vicissitudini quasi inedite per un titolo che, in fondo, viene assegnato ogni anno? Un ruolo importante lo giocano le peculiarità della piazza partenopea: peculiarità numeriche (in effetti si tratta dell'unica grande città italiana con una sola squadra di calcio), logistiche e qualitative. Senza contare la lunghissima attesa che ha preceduto il momento che potrebbe concretizzarsi già nel prossimo fine settimana. Tutte grandi verità che però si scontrano con le esigenze altrui: si parla delle altre squadre coinvolte in questa vicenda (su tutte Inter, Lazio, Salernitana e Udinese), ma anche delle istituzioni dell'italico mondo del pallone, finite ancora una volta in un vortice di polemiche che affonda le sue radici in presunte mancanze sul piano dell'uniformità di giudizio.
Il precedente del protocollo incriminato
In passato al centro di queste vicissitudini c'erano altri club: oggi c'è il Napoli, proprio quel Napoli che spesso, tramite la figura di Aurelio De Laurentiis (e non solo) aveva sollevato dubbi sulla regolarità del campionato. A furia di ricamare trame di complotti e contro-complotti, la società partenopea si è ritrovata invischiata in queste stesse teorie, propugnate stavolta ovviamente da altri protagonisti del calcio italiano. Tra l'altro, non si tratta neanche di una tendenza nata nelle ultimissime settimane con il solo fine di screditare uno scudetto che invece ha senza alcun dubbio un solo e meritato padrone. Tutto nasce dalla constatazione generale della scalata intrapresa da De Laurentiis fino ad arrivare praticamente ai vertici del governo del pallone: non un male per quest'ultimo, dato che di mezzo c'è uno dei presidenti dalle idee più illuminate dell'intero panorama. Desta invece decisamente meno entusiasmo la strisciante sensazione di un De Laurentiis che in via Rosellini apparentemente fa il bello e il cattivo tempo. Ma le cose stanno proprio così? La teoria complottistica a senso inverso nasce dalla querelle legata all'ormai famigerato protocollo in vigore durante la fase acuta della pandemia da Covid-19. Di mezzo, curiosamente, c'era sempre la Juventus e quella partita di gennaio in cui gli azzurri scesero in campo con alcuni giocatori (per la precisione Stanislav Lobotka, Amir Rrahmani e Piotr Zielinski) positivi al virus e quindi sottoposti a quarantena domiciliare: il tutto con un altro precedente a referto, ancora contro i bianconeri ma datato 2020, in cui il Napoli si beccava la sconfitta a tavolino per 0-3 e un punto di penalizzazione per non essersi presentato in campo. Erano le stagioni falcidiate dalla pandemia, quelle in cui molte squadre, pur di rispettare i regolamenti (giusti o meno che fossero) ed evitare le sanzioni accessorie giocavano anche con le formazioni Primavera. Tutte (o quasi): poi ci fu De Laurentiis che, quasi sfidando il sistema e contando sempre sull'appoggio delle istituzioni politiche locali, fece spesso di testa sua, uscendo vincitore da ogni situazione. Un po' come è accaduto nelle ultime ore, quelle in cui il Napoli è stato accontentato ancora una volta su tutta la linea.
La forza di ADL
Naturalmente, chi non pratica il 'complottismo' resta fuori da tutti questi discorsi: sia quelli degli anni scorsi che vedevano il club partenopeo vittima del sistema sia quelli attuali che invece lo inquadrano come il vertice della cupola politica del pallone. La realtà dei fatti parla di un De Laurentiis che, soprattutto negli anni bui in cui le contestazioni contro la sua figura erano frequenti e arrivavano anche dal fuoco amico, ha saputo farsi strada anche a livello burocratico pur di far crescere la sua creatura. Il Napoli e il suo presidente hanno così via via guadagnato credibilità in sincro, con l'unica eccezione che forse riguarda la perenne battaglia con il Comune per rimodernare il Maradona. In tutto questo lavorio più o meno diplomatico (qualità non proprio appannaggio di ADL) non c'è mai spazio per i compromessi: né con i propri tesserati, come dimostrano le epurazioni sul mercato anche dei veterani pur di non cedere ai ricatti dei procuratori, né con qualsiasi fonte esterna a Castel Volturno. Un'eccezione può essere individuata nella recente pace (o tregua?) con gli ultras: quegli stessi ultras fino a pochi giorni prima apostrofati con insulti irripetibili da un De Laurentiis che poi, di colpo, pubblica una foto raffigurante un'allegra e spensierata comitiva di quasi amici. Più probabile che di mezzo ci sia stata solo la voglia, in vista della sempre più imminente festa scudetto, di spegnere un possibile focolaio di disordini e scontri interni: un'altra mossa non banale di un uomo mai banale e vicino a scrivere il proprio nome nel libro della storia del Napoli.
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