Napoli, 9 novembre 2020 - Prima il bastone, poi la carota e infine ancora il bastone: il ciclone Gennaro Gattuso non si fa influenzare dai risultati, specialmente se di mezzo c'è un Napoli che appare ancora claudicante. L'impressione è stata forte in tutte e tre le ultime partite giocate dagli azzurri. Sassuolo, Rijeka e Bologna: un trittico nel quale s'è visto il bello e il brutto dei partenopei.
Un solo grande brivido
Il bilancio parla di due vittorie e una sconfitta e, paradossalmente, proprio in occasione del ko con i neroverdi il Napoli aveva prodotto di più sotto il profilo offensivo, salvo poi sciupare tanto. Contro il Rijeka si è visto l'esatto opposto: pochissime occasioni sfruttate al massimo, un po' com'era già accaduto contro la Real Sociedad. Insomma, c'è una squadra brutta ma cinica in Europa League e ce n'è un'altra più pimpante ma sprecona in campionato che incappa o rischia di incappare in beffe clamorose. Per il primo caso si rimanda al match con il Sassuolo, dove a tradire gli azzurri erano stati i tanti errori di difesa e attacco. Nel secondo ci finisce la sfida di ieri del Dall'Ara, comandata con autorità dai partenopei almeno fino all'ultimo quarto d'ora, quando solo la scarsa vena degli attaccanti rossoblù e in particolare di Orsolini e l'istinto di Ospina hanno evitato il peggio. In realtà a parte quell'unico triplo brivido nel giro di pochi secondi, il Napoli non ha concesso praticamente nulla al Bologna, squadra nota per la spiccata propensione offensiva a discapito di una tenuta difensiva da record (in negativo): non un semplice dettaglio, a testimonianza del fatto che quando sono in giornata Koulibaly e Manolas formano una delle coppie arretrate migliori del campionato.
Un attacco ancora da rivedere
Se sale la difesa, scende l'attacco e può sembrare un paradosso nella serata in cui Osimhen torna al gol scacciando i primi venticelli di critiche che gli erano piovuti addosso di recente. Contro una retroguardia non proprio ermetica come quella di un Bologna per giunta menomato da 8 assenze sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosa in più dalle bocche da fuoco azzurre. Invece, tranne un Lozano strabordante a destra, deludono Insigne e Mertens, anche se per entrambi c'è un altro risvolto della medaglia: il capitano era il rientro dopo l'infortunio e il belga, seppur ancora a secco anche al cospetto della sua vittima italiana preferita, ha il grande merito di far collassare l'intera difesa felsinea su di sé, spianando così un'autostrada per l'incornata facile facile di Osimhen.
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