Torino, 6 ottobre 2022 - Fra passato, presente e futuro. Fabio Miretti, una delle note più positive di questo avvio di stagione della Juventus, si è raccontato in un'intervista a Dazn, partendo ovviamente da quello che è stato il tragitto che lo ha condotto dal settore giovanile bianconero fino alla Prima Squadra. "Quando ho iniziato a giocare a calcio era il mio sogno, non c’è stato un momento preciso. Quando sono entrato alla Juve ero un bambino, ho sempre dato per scontato il contratto e che avrei dovuto studiare per avere un futuro. Questa estate ha chiuso una stagione impegnativa: l'Under 21, poi l'Under 19 e dopo l’Europeo c’è stata la maturità e fino al 10 luglio ero impegnato a scuola. Entrare alla Juve così giovane, facendo tutta la trafila, ti fa maturare più in fretta. Però è anche una cosa caratteriale, da quando sono bambino sono sempre stato un leader in squadra. Poi sono stato capitano per parecchi anni a livello giovanile, è una cosa che ho dentro. Entrare nello spogliatoio della Juve, dopo aver fatto tutto il percorso, essendo tifoso, mi ha fatto molto effetto. L’esordio non è paragonabile, però ci sono una serie di cose che fanno capire dove sei arrivato. Lo spogliatoio, allenarsi con loro, le trasferte e poi giocare con loro".
Dna bianconero
Per quello che è stato il suo percorso, e anche per le caratteristiche tecniche, Miretti viene spesso paragonato a Claudio Marchisio. "L'ho visto per la prima volta davanti ad una pizzeria a Torino, l'anno scorso. Abbiamo parlato un po' e mi ha scritto qualche messaggio dopo la Youth League. E' un punto di riferimento perché, quando sono arrivato al settore giovanile della Juve, tutti dicevano: 'Sono più quelli che non ce la fanno rispetto a chi ce la fa, guarda Marchisio'. Io ce l'ho fatta in questo mini percorso, dal settore giovanile alla prima squadra, adesso però arriva il difficile". Difficile è stata anche la prima parte di stagione della formazione di Massimiliano Allegri. "Indipendentemente dal periodo, noi giocatori dobbiamo fare il massimo per vincere. E' una questione di responsabilità e attaccamento alla maglia. Sappiamo che gli infortunati ci potrebbero dare una mano, però quelli che vanno in campo hanno una responsabilità a prescindere dagli assenti. Siamo la Juve e dobbiamo vincere. Sono 'gobbo' da cima a fondo, lo sono sempre stato".