Lunedì 23 Dicembre 2024
DORIANO RABOTTI
Calcio

Katia Serra: "Noi, ragazze del calcio. Fuori dal campo abbiamo già vinto"

L’ex giocatrice è commentatrice Rai: vi racconto le azzurre del pallone. "Da sindacalista ero sola a lottare, ora è arrivato il professionismo". Oggi la prima partita agli Europei. "Potremmo essere la sorpresa"

L’ex calciatrice Katia Serra, 49 anni, oggi commentatrice Rai

Nel calcio femminile Katia Serra ha fatto tutto: giocatrice della nazionale in campo, protagonista di uno spot televisivo della birra Nastro Azzurro in cui batteva i maschi sulla spiaggia con tanto di rovesciata finale, e ancora prima donna italiana a prendere il patentino Uefa per allenare a tutti i livelli, sindacalista dentro l’Associazione calciatori, infine commentatrice televisiva. Anche e soprattutto della vittoria degli azzurri a Wembley un anno fa. Oggi alle 21 le ragazze dell’Italia femminile iniziano il loro Europeo proprio in Inghilterra, al New York Stadium di Roterham, contro la Francia. E a spingerle non c’è una semplice tifoseria sportiva, perché queste ragazze da un paio d’anni a questa parte si sono conquistate le copertine perché sono brave, perché sono belle e perché la loro partita è un po’ quella dei diritti di tutte le donne. Seguiteci perché sembra solo calcio, in realtà è vita.

Europeo femminile, Francia-Italia: orario e dove vedere l'esordio azzurro

Katia Serra, un anno dopo le ragazze possono sorprendere come il gruppo di Mancini?

"Anche l’anno scorso non eravamo assolutamente favoriti, questo è l’anello di congiunzione tra i due sogni. E per arrivare in finale dovremo essere la sorpresa anche stavolta. Questa Italia è più forte di quella che fece bene al mondiale di due anni fa in Francia, ci sono 14 giocatrici che c’erano anche allora e nel frattempo sono migliorate molto. La squadra ha qualità, affiatamento e sta bene insieme fuori dal campo".

L’anno scorso anche lei fu una sorpresa: il collega della Rai Alberto Rimedio prese il Covid alla vigilia e il commento della finale toccò a Stefano Bizzotto e a lei, prima donna nella storia.

"Sul piano emotivo ero serena, anche se mi avevano catapultato all’ultimo sulla finale. Ma erano già dieci anni che commentavo calcio maschile e femminile, quando hai il mestiere gli imprevisti non ti spaventano più. Certo fu una grande emozione, con l’Italia in campo anche di più".

Il movimento femminile sta facendo passi da gigante, ed è un progresso che va oltre lo sport.

"Per un vero cambio culturale servono anni, decenni, non si ottiene in poco tempo. È vero comunque che ci sono stati tanti miglioramenti. Soprattutto ci sono sempre più persone coinvolte, uomini e donne. Se penso a quando da sindacalista ero sola a lottare ed era difficile formare le stesse calciatrici, renderle consapevoli delle loro potenzialità e dei loro diritti. Oggi lo sanno anche tanti uomini. È come un treno partito con la sola locomotiva, alla quale nel tempo si sono agganciati diversi vagoni. Anche se resta un problema".

Quale?

"Non riguarda solo il calcio, ma tutta la società. C’è ancora molta differenza tra le aree geografiche del nostro Paese, non tutti i territori rispondono allo stesso modo all’emancipazione femminile. Questa è una battaglia che dobbiamo portare avanti anche fuori dal calcio".

Ora però c’è una via femminile, una volta le bambine che giocavano a pallone passavano per ’maschiacci’.

"Non solo, la cosa peggiore è che se magari eri anche carina non potevi essere credibile, per qualcuno ancora oggi bellezza e bravura non possono stare insieme. Ora le bambine però hanno punti di riferimento femminili nelle ragazze della Nazionale, i nostri invece erano calciatori maschi, irraggiungibili e inimitabili. Perché le partite delle donne non le potevi proprio vedere, in tv".

Perché è così importante il professionismo raggiunto pochi giorni fa?

"Perché adesso una bambina può sognare di fare un giorno la calciatrice e di camparci, prima poteva essere solo un hobby pagato. Così andava a finire che molte ragazze dovevano scegliere tra sport e lavoro. Col professionismo arrivano i diritti, le assicurazioni, la maternità, la pensione, le tutele sanitarie. E poi serve anche alle società di calcio, che ora possono mettere a bilancio il valore della propria rosa e guadagnare con i trasferimenti delle giocatrici. Il Sassuolo ha appena ceduto una futura stella mondiale come la diciottenne maltese Halej Bugeia a una squadra americana. E ci ha sicuramente guadagnato".

C’è anche un effetto moda, secondo lei? Parlare del calcio femminile oggi è ’figo’? E magari la scoperta di un mercato nuovo per gli sponsor...

"Un po’ è così, ogni tanto mi viene da sorridere se vedo chi è che improvvisamente si interessa al nostro sport. Ma cavalchiamolo, questo effetto. Per tanti che si avvicinano in questo modo, ce ne saranno altrettanti che rimangono perché l’ambiente è sano".

Molte battaglie per i diritti le ha combattute con Damiano Tommasi, che era presidente del sindacato calciatori. Come lo vede ora che è sindaco di Verona?

"Sono molto contenta per lui, per tutto quello che abbiamo condiviso. È stato determinante, prima del suo arrivo non avevamo sponde nell’Associazione calciatori. Mi auguro che l’esperienza politica dentro il sindacato lo aiuti a svolgere al meglio questo ruolo. Per noi costruire il calcio femminile è stata una maratona, gli avevo scritto che questa era una gara sui 100 metri e gli auguro di essere un velocista bravo a risolvere i problemi di Verona. Merita fiducia".