Carlo Magno per riaccendere l’orgoglio del calcio italiano. Non c’é testimonial migliore di Carlo Ancelotti, campione d’Europa e del mondo con il Real Madrid, per ridare entusiasmo a un movimento in profonda crisi di identità. Con l’ingresso nella Hall of Fame di Coverciano, accanto ai grandissimi del pallone, re Carlo aggiunge una perla alla sua lunghissima collana di premi e riconoscimenti. La scelta della giuria, della quale ha fatto parte il nostro Enzo Bucchioni, è quanto mai saggia e ponderata. Ancelotti incarna il meglio del calcio italiano, è insieme un tecnico vincente e un personaggio di grande spessore umano, doti che raramente vanno a braccetto.
Carlo non è un divo, non è un montato, non cerca i riflettori, non si atteggia a guru e predicatore, è lontano anni luce dallo stile Mourinho. Eppure ha vinto tre Champions League, ha mietuto successi in Italia, Francia, Spagna e Inghilterra. Mutuando la lezione dei suoi grandi maestri (Nils Liedholm e Arrigo Sacchi), ha saputo sposare il pragmatismo classico del calcio italiano alla spregiudicatezza necessaria per imporsi in Europa e nel mondo. Ma se gli chiedono qual è il suo segreto Carlo risponde con modestia: sono nato sotto una buona stella, sono sempre arrivato al posto giusto nel momento giusto.
Ma quel che più conta sono le parole di elogio che Ancelotti riserva al nostro calcio («tra i migliori al mondo dal punto di vista tattico») e alle preziose realtà rappresentate da Sampdroia, Empoli e Sassuolo. Un’ iniezione di fiducia importante, come vitale è il richiamo alla radici del nostro calcio, espresso dal presidente Tavecchio. La Hall of fame, che oggi raccoglie nel museo di Coverciano i cimeli dei grandi del pallone, è testimionianza di una storia importante, di radici forti, di orgoglio che riaffiora nei momenti più difficili. Nell’abbraccio fra il ct Conte e Ancelotti, sul palco delle premiazioni, proviamo a leggere l’ auspicio per un futuro davvero più azzurro.