Roma, 18 luglio 2022 - Con la 'Diez', la maglia numero 10, o no? Come Maradona? Per lui che è argentino, beh. Oppure e meglio – siamo a Roma, sponda giallorossa diamine! - come Francesco Totti? Il dibattito, dolce come una fetta di pane casareccio con una montagna di Nutella, si snoda in una mattinata romana calda, caldissima. Sul termometro certamente, ma anche e soprattutto in un tam tam sempre più fragoroso e travolgente da quando, sui social e sul web, sono arrivate le prime conferme che, sì, Paulo Dybala ha firmato con la Roma. Altro che Inter, Napoli o destinazioni esotiche.
Sì, con la Roma che fino a qualche tempo fa quelli così li guardava giocare altrove e, al limite, se li costruiva in casa e li vendeva nell'ormai dimenticato supermercato 24ore della Roma pallottiana. Va bene, magari alla fine si venderà Zaniolo e per tanti, troppi sarà difficile dirgli addio, ma adesso è arrivato Paulo e un'intera città che non ha mai smesso di sognare e palpitare dal 1° DM (il primo giorno Dopo Mourinho) s'è incendiata di passione, volando radente su traguardi fin qui solo immaginati. Dybala alla Roma, dopo il colpo Mourinho, quello Tammy Abraham e il trionfo in Conference League è la prova provata di un club che guarda in alto, che realmente vuole arrivare lassù. O perlomeno ci prova con ambizione cruda e altrettanto cruda onestà. Mai, questa proprietà americana s'è permessa - sì, permessa: quando si parla dell'amore della gente per il pallone non ci si può permettere di far promesse che non si possono mantenere o sproloqui su chissà quali traguardi – di fare in modo che le parole non inseguissero i fatti. E lo ha messo sul campo nella maniera più logica e anche bella, dal mio punto di vista: con il silenzio. I Friedkin non hanno mai 'detto'. Mai. Non hanno mai e poi mai parlato. Però hanno 'fatto'. In un mondo del pallone in cui le promesse non mantenute viaggiano come stormi di cavallette, beh, non è davvero poco.
E poi c'è Paulo. E si narra di come Totti gli abbia offerto la sua maglia per convincerlo. Di come Mou abbia tradotto in miele quelle parole con le quali gli ha raccontato cosa sarebbe stata Roma per lui e cosa lui sarebbe stato per la Roma. Paulo Dybala, dal punto di vista della passione, era un po' un bimbo sperduto di quelli alla Peter Pan. Oscurato alla Juve prima da Higuain, poi dall'alieno Ronaldo e infine da Vlahovic. Lui, così fragile di gambe e molto meno di testa, rispetto a ritriti luoghi comuni. E, si narra, di come il Dybala-azienda abbia capito che a Roma, la città eterna dove risiede un argentino molto più famoso di lui che la domenica non gioca e s'affaccia dal balcone, il suo appeal possa raggiungere altitudini e performance con gli sponsor mai toccate prima. Paulo sa che può diventare Re di Roma perchè per etnia calcistica e classe è quanto di più vicino a Totti a distanza di cinque anni dal suo addio. E in una città eterna, eternamente vedova del suo Capitano, avere la sua benedizione e la sua maglia è già un bel pezzo di corona.