Roma, 31 maggio 2019 - Le donne "lo sanno da sempre di cosa stavamo parlando". Aveva ragione Luciano Ligabue da Correggio. E da Correggio, angolo di quell’Emilia, rock ’n roll e sapori, arriva anche Milena Bertolini. Una che ha sempre saputo di cosa stava parlando, già quando, bambina, si ripensava dentro canoni maschili ("mi tagliavo i capelli cortissimi e mi facevo chiamare con un nome maschile") pur di poter vedere rotolare la sua felicità sotto forma di un pallone. Oggi quella bambina è diventata la Signora del calcio italiano. La commissaria tecnica di un’Italia femminile che domani sarà ricevuta in Senato per la prima volta nella storia e che il 9 giugno varcherà di nuovo la porta di un Mondiale, a vent’anni di distanza dall’ultima volta, ma soprattutto un anno e mezzo dopo l’ancora indigesta eliminazione degli azzurri di Ventura.
Ct Bertolini, si immagini di essere già lì, a Valenciennes, in piedi, mentre risuona l’inno di Mameli. A che cosa penserà in quel momento?
"Forse la prima immagine che mi passerà per la mente è quella di me da ragazzina, quando giocavo con i miei amici nel campo della parrocchia, a Lemizzone di Correggio".
Un bel salto indietro nel tempo...
"Sì, in mezzo c’è stata la vita: tante esperienze, gioie e sofferenze, ma la passione e l’amore per questo sport non mi hanno mai abbandonata".
Chi sognava di diventare?
"Il mio idolo era Gianni Rivera".
Che effetto le fa sapere che oggi le bimbe crescano nel mito di una Gama o di una Bonansea?
"È bellissimo. Vuol dire che abbiamo fatto dei passi avanti importanti. Quand’ero piccola io, i modelli erano solo maschili: nell’immaginario comune una donna non poteva giocare a calcio".
A proposito, a che punto siamo con i pregiudizi in Italia?
"Purtroppo ci sono ancora, anche se, con la nostra qualificazione, in un anno, abbiamo vinto tante battaglie. Ma i cambiamenti culturali sono molto lenti, bisogna lavorare sulle nuove generazioni. Ancora oggi sentiamo le parole di Guido Ara: ‘il calcio non è uno sport per signorine’. Ecco quella frase fu pronunciata nel 1909...".
Definisca in un tweet il calcio femminile.
"È gioia, spettacolo, un messaggio di valori sportivi come rispetto e condivisione: uno sport che mette il gioco al centro di tutto".
Che tipo di ct sarà in ritiro? Un sergente di ferro?
"La nostra filosofia è darci regole che siano condivise dalle ragazze: la forza del gruppo è non avere cose imposte".
Sì, ma non mi dica che non avete parlato di telefonini e social...
"Ci sono già direttive precise della Federazione, ne abbiamo parlato: i cellulari si possono usare purché in un modo intelligente, dettato dal buon senso. Poi, certo, fosse per me, li spegnerei tutti".
Dica la verità: l’obiettivo dell’Italia è soltanto passare il turno?
"Sì, perché il livello in Francia sarà altissimo, più alto di quello incontrato nel nostro percorso. Quindi non illudiamoci".
E cosa sarebbe disposta a fare pur di vincere il Mondiale?
"Tornare a casa a piedi da Lione: ne ho parlato con la team manager Martini. Ma scherzavo, eh".
Scelga una canzone che vi accompagni in questa avventura.
"Direi piuttosto un libro che sta uscendo in questo giorni: ‘Quelle che il calcio’, l’ho scritto con Domenico Savino e racconta il calcio femminile attraverso storie di donne. Però è pronta anche una canzone, una specie di inno".
Non mi dica che canta lei.
"No, questo proprio no". Ride, Milena, perché, in fondo, ha già vinto.