Roma, 28 luglio 2019 - Tour de France 2019, i voti finali di Angelo Costa 10 e lode a Bernal
Che a 22 anni diventi il primo sudamericano a conquistare il Tour non è un semplice dato statistico, ma la conferma di un sospetto: il colombiano cresciuto in Italia è un predestinato. In queste tre settimane non sbaglia nulla, rispetta gli schemi tattici della squadra e quando ha la sua occasione la sfrutta meglio di Thomas. Lo chiamano il Messi del ciclismo: mai come stavolta, Parigi val bene un Messi. 10 al Tour
Tre settimane spettacolari, grazie a un percorso stuzzicante e ad una compagnia di protagonisti di livello stellare. Non c’è stata tappa da sbadigli: c’era una volta una prima parte in cui l’unico brivido erano le volate, adesso non c’è più. Ora il Tour si perde e si vince tutti i giorni, ora vincere una tappa al Tour vale come una grande classica: guardare l’ordine d’arrivo della frazione conquistata da Nibali per credere. 9 a Alaphilippe
Due tappe vinte, quattordici giorni in maglia gialla: non male per uno che corre e vince da febbraio. E cosa vince: Strade Bianche, Sanremo, Freccia Vallone sono risultatoni. Come quello di andare a un passo dal trionfo al Tour. Alla maglia gialla non dà un addio definitivo, ma un arrivederci: sarà curioso vederlo correre per puntare al successo e non per essere soltanto un (meraviglioso) protagonista. 9 alla Ineos
Settima vittoria negli ultimi otto Tour: le cifre spiegano tutto. Anche se questa ha un sapore particolare: arriva in un anno di grandi cambiamenti (lo sponsor) e di grandi incidenti, perché Bernal si rompe prima del Giro e Froome a due settimane dal Tour. Fedele alla sua linea, sir Brailsford si presenta al Tour con due punte, tiene la corsa blindata quando serve e puntualmente vince. Gli altri spiegano, lui festeggia. 8 a Sagan
Vince la sua bella tappa: e sono dodici. Si porta a casa la maglia verde della classifica a punti: e fanno sette dal 2012 in qua. Ma è ciò che regala in ogni giornata a renderlo beniamino della gente: quando si consegna ai bimbi di una scuola per gli autografi, quando si presenta all’arrivo in impennata o addirittura alza la bici al termine della crono. O quando in corsa firma il suo libro a un tifoso sul Tourmalet: semplicemente unico. 8 a Thomas
Resta uno dei migliori interpreti della filosofia Ineos, o ex Sky che dir si voglia: la squadra prima di tutto. Come lui ha avuto l’occasione di giocarsi (e vincere) il Tour un anno fa, accetta che quest’anno tocchi al suo delfino Bernal. E’ una scelta che arriva direttamente dalla strada: la salita promuove il colombiano dopo che la crono per un giorno ha illuso il gallese di essere ancora il più avanti di tutti. 8 a Ciccone
Cerca un successo di tappa, trova la maglia gialla, che dopo due giorni è costretto a restituire allo scatenato Alaphilippe, mica al primo a caso. Per essere un debuttante se la cava alla grande, chiudendo a ridosso dei primi trenta e mettendo il naso avanti nelle fughe anche quando la schiena fa male e le forze cominciano a calare: rispetto agli altri ha il Giro (e che Giro…) nelle gambe e questo alla fine fa la differenza. 7 a Nibali
Costretto a un Tour di rincalzo dalle scelte della squadra, che a tutti i costi lo vuole al via nonostante le fatiche del Giro, soffre in silenzio accettando un ruolo che non è il suo. ‘E’ dalla sofferenza che si riparte’, filosofeggia parlando del compagno fuggiasco Dennis, ma in realtà parla di se stesso, Aggiungendo che ‘un Tour si onora fino in fondo’: non si limita a dirlo, ma lo dimostra anche. Da fuoriclasse. 7 a Landa
E’ il migliore dei reduci dal Giro: al quarto posto sulle strade rosa abbina il sesto posto in Francia. Va oltre la fatica, provando in un paio di occasioni a guadagnare sui rivali di classifica, poi paga pegno allo sforzo, ma è bravo a mantenere la posizione. Della spedizione Movistar, è il più bravo e non solo per il piazzamento: con un giro nelle gambe, fa molto di più rispetto a Quintana e anche di Valverde. 7 a Viviani
Una volata la vince, nelle altre ci va regolarmente vicino: sulla ribalta più prestigiosa e di maggior qualità tecnica, conferma di essere al livello più alto. Conferma anche di essere un velocista che sa aiutare: se i compagni si mettono a sua disposizione negli arrivi veloci, lui si mette a disposizione dei compagni quando serve, come sulle montagne con Alaphilippe. Velocista e uomo squadra, non è da tutti. 7 a Aru
Chiude nei primi quindici, soffrendo parecchio sulle Alpi: è un dato di fatto, non certo una critica. Fa fin troppo a presentarsi in Francia, con un mese di corse sulle gambe e un’operazione all’arteria femorale in primavera. Fa ancor di più a restare spesso con i migliori, avendo l’accortezza di staccar la spina quando sente di non avere il loro passo: se questo è l’antipasto, prepariamoci ad un gran finale di stagione. 7 all’Italia
Tre vittorie di tappa (Viviani, Trentin e Nibali), la maglia gialla di Ciccone, il rilancio di Aru, senza contare i regolari piazzamenti di Colbrelli, Pasqualon e degli stessi Viviani e Trentin. Per esserci presentati in Francia con soli quindici uomini e averne persi per strada un paio per incidente (De Marchi e Nizzolo) è un bilancio in forte attivo: per un Paese che non ha squadre di alto livello, quasi un miracolo. 6 a Kruijswijk & Bachmann
L’olandese centra il primo podio in Francia dopo averlo sfiorato già al Giro e alla Vuelta, il tedesco ci arriva a un passo. Fanno corsa di coppia, per risultato e per strategia: sono l’elogio della regolarità, ma anche della noia, perché la loro strategia è vivere nell’ombra. Anche quando c’è da cogliere il risultato, Kruijswijk lascia fare agli altri: non fosse per un gigantesco De Plus, il terzo posto se lo scorderebbe. 5 ai gemelli Yates
Adam naviga a un’ora dalla maglia gialla, Simon a quasi due. Il primo si presenta in Francia per cercare il podio: si nota solo quando va alla deriva. Il secondo sceglie di fare il Tour dopo il Giro: i primi undici giorni li passa sull’amaca, poi vince due tappe, approfittando della sua posizione distaccata in classifica, e ne sfiora un’altra. Il voto è la media fra i due rendimenti, in ogni caso non memorabili. 5 a Bardet
Si presenta con l’ambizione di essere il primo francese a vincere il Tour 34 anni dopo Hinault, ma dopo due settimane si arrende all’evidenza: il brillante Romain degli anni scorsi, capace di arrampicarsi fino al secondo posto del podio di Parigi, non va. Rimedia nell’ultima settimana con qualche attacco che gli vale la maglia a pois: un bel rimedio, che non guarisce una corsa da dimenticare. 5 alla Francia
Al 14 luglio in cui celebra la festa nazionale deve abbinare un’altra data meno fausta, il 26 luglio, quando vede svanire la possibilità di tornare a vincere la corsa di casa. E’ il giorno in cui in un colpo solo vede Pinot salire in ammiraglia per infortunio e subito dopo Alaphilippe arrendersi all’assalto di Bernal e Thomas. Il Tour resta un tabù, come resta il dubbio: chi vede il ciclismo italiano in crisi nelle corse a tappe, come riterrà quello francese? 4 a Quintana
E’ vero che vince il tappone del Galibier, sistemando la classifica, ma che la sua fuga venga snobbata da chi vuol vincere il Tour la dice lunga sulla considerazione che si è guadagnato il capostipite dei colombiani di successo. Si emargina da solo sui Pirenei, non entra mai nei giochi tattici della sua squadra, non fa in tempo a riaccendersi che si ritrova spento. Con ciò che ha a disposizione, viaggia molto al di sotto del livello di guardia. 3 a Uran
E’ l’emblema di quel numeroso circolo di atleti che dall’inverno a luglio prepara soltanto il Tour e al massimo ne ricava un piazzamento. Nel suo caso è brutto che non metta mai il naso davanti, ma si limiti alla passività, facendo classifica sui crolli altrui. Chiude con un settimo posto che porterà sicuramente punti alla squadra, ma è insipido per chi ha sempre riconosciuto al simpatico colombiano il coraggio di osare. 2 all’Uci
Ciccone, due giorni in giallo, e Bernal, primo sudamericano nell’albo d’oro del Tour, non sbucano dal nulla: arrivano dalla Bardiani Csf e dall’Androni, squadre professional che la riforma del ciclismo mondiale rischia di spazzare via, aumentando i costi e riducendo le possibilità di partecipare alle gare che contano. E’ un po’ come se il calcio decidesse di abolire l’Empoli e l’Atalanta: senza club così, i giovani faranno più fatica a farsi spazio. 0 al dopo tappa Rai
Fa le prove generali montando una puntata sul caso Dennis (della serie: chissene…), ma il meglio lo esibisce il giorno del Galibier, quando Thomas allunga alle spalle del compagno Bernal: è chiaramente un gioco tattico, ma in tv passa per un duello in famiglia, addirittura come un gesto che merita di essere punito. E’ così ‘sbagliata’ la strategia della Ineos da portare sul podio di Parigi sia Bernal che Thomas: e questo spiega tutto.