In Ferrari qualcosa cambierà… Magari non subito, ma gli eventi ungheresi hanno confermato la necessità di mettere mano alla gestione del gruppo durante i Gran Premi.
Mattia Binotto ovviamente è il Cireneo della situazione. Come è giusto che sia, ha un grande potere corrispondono grandi responsabilità. Il problema, per proseguire sul filo della citazione, è che a Maranello non c’è l’Uomo Ragno…
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Qualcosa cambierà, nei tempi e nei modi che verranno ritenuti opportuni. Di sicuro, è comprensibile la frustrazione di Leclerc e di Sainz, così come il dispiacere del popolo tifoso che ha visto svanire una promessa mondiale che era giustificata dalla qualità della monoposto che proprio lo staff di Binotto ha saputo confezionare per il 2022. Purtroppo, però, l’automobilismo è come un mosaico. Bisogna sistemare tutti i tasselli. E non esiste una scorciatoia di stampo calcistico per avere la garanzia del risultato. Negli ultimi 15 anni, la Ferrari ha cambiato quattro capi del reparto, una quantità industriale di direttori tecnici e ciò nonostante ha continuato a perdere. O si capisce questo, o non si va da nessuna parte.
Facevo questa malinconica riflessione quando mi è arrivata la notizia che l’eterno Fernando Alonso ha deciso di prolungare la sua carriera, al volante della Aston Martin, per almeno altre due stagioni. Ebbene, fatalmente mi è venuto in mente un episodio che risale addirittura al 2010. Eravamo tra le dune di Abu Dhabi quando lo spagnolo vestito di Rosso vide svanire un titolo già vinto per una strategia errata. La spuntò in extremis proprio Vettel, di cui Alonso andrà a prendere il posto nella prossima stagione. E ancora. Nel 2018 Maurizio Arrivabene, oggi boss della Juventus, si giocò il posto a Maranello per avere sostenuto che gli ingegneri della Ferrari guardavano troppo i computer e poco la pista, prima di prendere decisioni fondamentali. A ripensarci oggi, non era soltanto una accusa. Bensì una profezia. Qualcosa cambierà, al muretto Rosso. Conviene sperare in una scelta per una volta azzeccata…
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