Grand Colombier, 13 settembre 2020 - Tadej Pogacar ha vinto la 15esima tappa del Tour de France 2020, 174,5 chilometri con partenza da Lione e arrivo sul Grand Colombier. Lo sloveno della UAE Emirates vince davanti al connazionale Primoz Roglic (Jumbo-Visma), sempre più leader della classifica generale.
I voti della settimana di Costa
10 a Roglic
Corre da padrone, corre secondo lo spartito che ha accompagnato i trionfi della Sky negli ultimi otto anni: prima fa lavorare un ‘dream team’ che setaccia i rivali viaggiando a ritmo infernale, con locomotive di lusso chiamate Van Aert e Dumoulin, poi entra in azione lui. Sul Grand Colombier non completa l’opera per colpa di Pogacar, ma lui sta costruendo qualcosa di più di un semplice successo di giornata.
10 a Pogacar
Due successi nelle tappe di montagna, prima sui Pirenei e ora sulle Alpi, gli valgono il secondo posto in classifica e il ruolo indiscusso di primo pericolo per Roglic. Non male per questo ragazzo che a quasi 22 anni conferma di non soffrire le prime volte: un anno fa, all’esordio nella Vuelta, tre vittorie di tappa e terzo posto finale, qui al debutto in Francia è già più avanti con i lavori…
9 a Lopez
Del Colibrì colombiano che si buttava in attacchi velleitari non si è vista fin qui l’ombra e questo ne fa uno dei più pericolosi nell’ultima settimana, quando il Tour andrà anche oltre quota duemila. Restare al coperto gli ha consentito di risparmiare energie e mantenersi in scia a Roglic: ben guidato dall’ammiraglia, potrebbe di qui in poi trovare il guizzo per inventarsi uomo da podio.
9 a Porte
Con tutto ciò che gli è capitato negli anni precedenti, essere ancora in corsa è già un successo. Non è un caso che veleggi nelle zone alte: senza sprecare, ma nemmeno senza mostrare cedimenti, sta sfruttando una condizione ottima, che sembra migliorare con il passare delle tappe. In un Tour dove conta resistere (al ritmo Jumbo) prima ancora che offendere, può ritagliarsi un posto nobile in classifica.
8 a Hirschi
E’ la novità più bella di queste prime due settimane, un esempio di forza e tenacia. Attacca nella seconda tappa e si arrende solo ad Alaphilippe, attacca da lontano in montagna e s’inchina solo a Roglic e Pogacar, attacca ancora e finalmente riesce ad arrivare da solo. Iridato under 23 su strada e crono, già al primo Tour conferma che il suo grande futuro non è alle spalle.
8 a Schachmann
Per uno che a Ferragosto ha chiuso il Lombardia al settimo posto con una clavicola spezzata, dopo essersi schiantato in discesa contro un’auto sbucata sul percorso, già è un successo essere al Tour. L’impresa vera è riuscire a correrlo all’attacco, arrivando ad un passo dal successo di tappa in ben due occasioni: magari non riceverà il premio finale, ma a combattività sta meglio di tanti più sani.
5 a Bernal
Di brutti segnali ne ha dati fin troppi: un piccolo cedimento nella tappa del Massiccio Centrale venerdì, l’allungo del sabato quasi a provare a se stesso di non essere in difficoltà. E invece: il Bernal che tutti aspettavano dovesse accendersi col passare delle tappe si spegne di colpo al primo esame alpino, uscendo di scena senza se e senza ma, come succede quando la forma non è al top.
3 alla Francia
Sperava in Pinot, Bardet e nel filosofo Martin: come succede dall’85 in qua, se ne riparla il prossimo anno. Uno è andato alla deriva sulle prime montagne, l’altro è andato a casa dopo una caduta (fermato dai medici all’arrivo per una piccola emorragia cerebrale), il terzo ha pagato la giornata no sul Massiccio Centrale. Resta solo Alaphilippe, ma senza la gamba di un anno fa non riesce a far miracoli.
0 all’Italia
Non è decisamente il nostro anno. Pochi eravamo, adesso siamo ancora meno. Purtroppo, siamo anche a secco: vuoi per le cadute (Formolo), vuoi perché fuori forma (Aru), vuoi perché poco veloci (Nizzolo e Viviani), non lasciamo traccia. Quel che resta della spedizione azzurra deve aiutare i capitani. Vedi alla voce Caruso, il meglio piazzato: restando incollato a Landa, fa classifica.