Wout Van Aert (Ansa)
Roma, 24 luglio 2022 - Si scrive Tour de France 2022, si legge dominio quasi completo della Jumbo-Visma, che con Jonas Vingegaard ha messo le mani sulla maglia gialla (e su quella a pois) e con Wout Van Aert, a sua volta maglia verde, ha fatto incetta di vittorie di tappa: non ultima quella nella cronometro che ha di fatto stabilito la classifica generale finale, al termine della quale il fenomeno belga ha dovuto rispondere a una domanda - per la verità molto inopportuna - sul doping.
La solita ombra del sospetto
"Non voglio neanche commentare un'insinuazione del genere": è così - ma con un'espressione molto più forte e irripetibile - che Van Aert comincia la sua invettiva contro chi pratica la cultura del sospetto in uno sport che deve già convivere con diverse ombre nonostante una serie di controlli a cui gli atleti delle altre discipline non sono sottoposti. "Questa domanda torna in voga appena qualcuno vince il Tour. Solo perché stiamo andando forte siamo costretti a difenderci da queste accuse? Non capisco: abbiamo lavorato duramente per ottenere tutto questo. Il ciclismo è cambiato - continua il belga - e non mi piace che questi veleni siano ancora presenti nonostante quello che dobbiamo subire: mi riferisco anche ai blitz in casa in ogni periodo dell'anno e a qualsiasi orario. La nostra unica arma è il lavoro duro e i risultati sempre migliori ottenuti negli ultimi anni ne sono la prova". In realtà la Jumbo-Visma un asso nella manica in questo Tour ce l'ha avuto: ma tutto assolutamente lecito. "Abbiamo lavorato in altura come nessun altro e in generale siamo meticolosi per quanto riguarda i materiali, l'alimentazione e gli allenamenti: siamo la squadra migliore sotto questo aspetto e per questo motivo dovete fidarvi di noi".
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