Al Giro delle Fiandre vince lo sloveno Tadej Pogacar. Ecco le pagelle della corsa.
10 a Tadej Pogacar. Incanto, meraviglia, gioiello: per lui gli aggettivi si sprecano. Che sul pianeta ciclismo sia sceso un extraterrestre è risaputo: l’augurio è potercelo godere il più possibile. Sprizza spettacolo facendo la cosa che gli riesce con più facilità: divertirsi. Lo fa negli ultimi 55 chilometri, dove semina tutti, strategia annunciata alla vigilia. Con Bobet e Merckx è l’unico vincitore di Tour ad aver conquistato questa classica, il suo è il Fiandre più veloce di sempre: quando si dice che pedala nella storia, non si esagera.
8 a Mads Pedersen. Pogacar a parte, è quello che interpreta meglio il Fiandre: si muove prima dei grossi calibri a più di cento chilometri dal traguardo, accendendo la fuga che mette in agitazione gli squadroni, poi anticipa l’assalto finale di Pogacar nella speranza di restare il più possibile con lui. Non sbaglia una mossa, nemmeno la volata, dove conquista uno strameritato terzo posto, confermando di esser di primo livello nelle classiche che contano di più.
7 a Mathieu Van der Poel. Al quarto podio in cinque partecipazioni, conferma di essere di una taglia superiore in questa classica. Sul suo secondo posto pesa però l’errore iniziale, quando resta indietro con la squadra ad inseguire dopo un ventaglio: le energie buttate in quella fase della corsa tornerebbero comode nel momento in cui c’è da inseguire Pogacar dopo i muri. E invece i 15 secondi guadagnati dallo sloveno diventano il muro in più, per lui invalicabile.
7 a Trentin. Dei sette italiani al via di questa edizione, è quello che da solo tiene alti bandiera e onore con una corsa tatticamente rispettosa dei compiti affidatigli dalla squadra: entra nella fuga di Pedersen, lavora in modo chirurgico in testa al gruppetto d’avanguardia e, quando lo raggiunge il suo capitano Pogacar, completa l’opera facendolo rifiatare. Dopo una giornata esemplare entra nei dieci migliori, giusto premio a una corsa impeccabile.
4 a Van Aert. Avrà anche accanto la squadra più forte, ma non ne dispone mai: anziché farla, la corsa la subisce. Col passare dei chilometri, prima si sgonfiano i compagni, compreso quel Laporte in debito nei suoi confronti dopo il gentile omaggio alla Gand-Wevelgem, poi lui stesso. Come alla Sanremo, l’uomo da battere si trasforma nel battuto eccellente: prova a salvare almeno il podio, ma nemmeno lì trova il guizzo per salirci.
0 a Maciejuk. Anche lui, come Pogacar, stende la concorrenza: purtroppo, ha un modo tutto suo. A metà gara il polacco della Bahrain, 23 anni, ha la brillante idea di risalire il gruppo passando sull’erba a bordo strada, ma prende una buca d’acqua e perde il controllo della bici: come una boccia da bowling, si abbatte sui colleghi, stendendone un centinaio come birilli. Espulso dalla corsa dopo rapido consulto fra giuria e Var, rischia una lunga squalifica: gli darà tempo di meditare su ciò che ha combinato.