Forza e resistenza, ma anche fortuna e abilità nel correre davanti: è la ricetta per affrontare il giro delle Fiandre, classica centenaria ed extralarge, di quelle che valgono una carriera. Da Bruges, dove la corsa parte dopo sette anni, a Oudenaard ci sono 273 chilometri, ma soprattutto 19 muri, oltre la metà dei quali in pavé: di questi, in assenza dell’iconico Grammont, quelli decisivi sono il Vecchio Kwaremont, da affrontare tre volte, e il severissimo Paterberg, previsto due volte nonché ultimo esame prima dell’arrivo.
Giro delle Fiandre 2023: la guida completa
Corsa magnifica per fascino e scenari, capace di radunare oltre un milione di appassionati lungo le stradine della campagna fiamminga, nell’albo d’oro conta undici successi italiani con nove corridori: Magni tre volte a cavallo dei primi anni Cinquanta, a seguire Zandegù, Argentin, Bugno, Bartoli, Bortolami, Tafi, Ballan e infine Bettiol, quattro anni fa.
In pole
Mathieu Van der Poel. Cosa sia questa corsa per lui lo dicono i precedenti: due vittorie, un secondo e un quarto posto in quattro partecipazioni. Alla Sanremo ha mostrato i muscoli, nelle prove tecniche sul pavé belga si è arreso solo all’amico rivale Van Aert: il ciclismo non è matematica, ma con lui ci va molto vicino.
Prima fila
Wout Van Aert. Talmente in palla da permettersi di regalare le corse ai compagni, con questa classica ha un conto aperto: tre anni fa l’ha persa in volata, lo scorso anno a fermarlo è stato il Covid. Non bastasse lui, ha accanto un aiutante formidabile come Laporte e una squadra invidiabile: purtroppo per lui, fra il dire e il fare ci sono di mezzo altri due fenomeni.
Tadej Pogacar. Quarto al debutto lo scorso anno, torna con l’idea di salire in cima al podio: non sarà una minaccia, ma vale come avvertimento. Fin qui, in stagione, quando non ha vinto ci è andato vicino: Van der Poel e Van Aert saranno anche specialisti del Nord, ma l’unico in grado di infastidirli è proprio lui.
Seconda fila
Sep Vanmarcke. A quasi 35 anni sembra aver ritrovato il feeling con le corse di casa. Mai vincente nelle grandi classiche, è stato protagonista sempre: qui conta due podi e un quinto posto, quanto basta per sperare di trovare la giornata giusta e inventarsi sorpresa alla sua bella età.
Julian Alaphilippe. Mai fortunato in questa corsa, reduce da un anno storto, il francese ha voglia di rialzar la testa: farlo in una classica che conta è l’ideale, specialmente in una stagione in cui la sua squadra non sembra così dominante come si era abituata a fare negli ultimi anni.
Terza fila
Tom Pidcock. Anche lui, su un tracciato così, va a nozze: non avrà le amate discese lunghe, ma muri e pietre non gli fanno paura. Unica incognita, non corre da tre settimane, causa caduta alla Tirreno Adriatico: non trovare il ritmo gara rischia di essere avversario più ostico di quelli che sono al via.
Mads Pedersen. Uomo del Nord, in tutti i sensi: di tutte, questa è la grande classica che ama di più e forse gli riesce meglio. Secondo al debutto, cinque anni fa, ha la salute per farsi valere: per uno che non teme né il clima freddo né gli strappi brevi, c’è anche il terreno adatto per mettersi in mostra.
Gli outsider
Matej Mohoric. Non fosse per lo scivolone sul bagnato alla Gand-Wevelgem, la sua marcia di avvicinamento sarebbe stata perfetta. Perfetto dovrà essere anche lui se vorrà aver ragione dell’illustre concorrenza: un conto è far corsa d’avanguardia, un altro lasciarseli alle spalle tutti. Valentin Madouas. Sul podio di questa classica un anno fa, sul podio alle Strade Bianche il mese scorso: zitto zitto, il francesino sta scalando i gradini che contano di più. Pur arrivando a fari spenti, non è più una sorpresa: per sorprender tutti, è chiamato a fare l’impresa che ancora gli manca.
Michael Matthews. Assente alla Sanremo per via del covid, si ripresenta con ancor più voglia sulle strade del Nord, dove non ha mai fatto male. E’ uno di quelli che nelle classiche che contano il naso davanti lo tiene abitualmente: prima o poi gli capiterà anche di annusare da vicino la vittoria.