Roma, 16 aprile 2023 - Tadej Pogacar ha vinto in solitaria la 57esima edizione della Amstel Gold Race. Al termine dei 253,6 chilometri di gara lo sloveno dell'UAE Team Emirates si è imposto con circa 40 secondi di vantaggio sull'irlandese Ben Healy (EF Education-EasyPost), secondo, e con oltre due minuti sul terzo classificato, il britannico Thomas Pidcock (Ineos Grenadiers).
Le pagelle dell'Amstel
11 a Tadej Pogacar
Non esiste voto per un extraterrestre, bastano i numeri: undici come le sue vittorie stagionali in appena 17 giorni di corsa. Le cifre dicono tanto, ma non spiegano abbastanza l’immensità di un corridore che, come dice Merckx, è più di un campione: ciò che fa è sotto gli occhi di tutti, come lo fa è di una bellezza assoluta, la sensazione che regala è la felicità di vivere un’era del ciclismo con un fuoriclasse della sua taglia.
9 a Ben Healy
Da un mese nelle zone alte delle corse che frequenta, conferma di non essere capitato lì per caso. Ha la forza di restare agganciato al carro di Pogacar fino a quando può, poi è bravo a lasciare che Pidcock si sprema per andare a prendersi il secondo posto, tentando persino un’impossibile rimonta per la vittoria. A 22 anni l’irlandese regala un ottimo spot di se stesso, ma il difficile viene adesso: dimostrare che questa non è stata soltanto una giornata eccezionale.
7 a Tom Pidcock
Recita da favorito qual era, ma gli manca il finale: quando resta a tu per tu con Pogacar sullo strappo più duro, paga pesantemente dazio. Provare a rincorrere lo sloveno gli toglie le energie che gli servirebbero a vincere almeno l’Amstel degli umani, soffiatagli dalla sorpresa Healy: gli restano quelle per difendere coi denti il podio, ma dalla corsa dove avrebbe dovuto dimostrarsi un piccolo fenomeno esce soltanto piccolo.
7 agli italiani
Intesi come Andrea Bagioli, che sfrutta bene l’occasione di poter fare la sua corsa: il sesto posto è un bel punto di partenza per un ragazzo veloce nel fare passi avanti. O intesi come Matteo Trentin, che avrà la fortuna di correre accanto a un fenomeno come Pogacar, ma a sua volta è perfetto nell’interpretare il proprio ruolo tattico. O intesi anche come Matteo Sobrero, che sale sul treno giusto a 90 chilometri dall’arrivo, ma è costretto a scendere dai guai meccanici che lo frenano.
5 agli squadroni
Vedi alla voce Bahrain, ma pure Trek e soprattutto Jumbo: quando il gioco comincia a farsi duro, i vari Mohoric, Mollema e Benoot smettono di giocare. Mai fidarsi di una fuga che inizia a notevole distanza dal traguardo quando dentro c’è anche Pogacar: il più delle volte, la corsa finisce lì. Fra chi rincorre, chi aspetta e chi sembra disinteressarsi, alla fine il risultato per alcuni dei più attesi è identico: lontani nell’ordine d’arrivo dopo esser stati lontani dal cuore della gara.