Roma, 6 settembre 2020 - Termina con la vittoria di Tadej Pogacar sui Pirenei la prima settimana del Tour de France 2020. In maglia gialla c'è lo sloveno Primoz Roglic. Ritirato Fabio Aru. Ecco le pagelle su quello che la Grande Boucle ha detto finora.
10 a Roglic
Una settimana di corsa ed è già dove tutti si aspettavano. Ha accanto una squadra formidabile, la muove con una sincronia perfetta, ma ci mette anche tanto del suo: sabato, sulla salita del Peyresourde, dà una dimostrazione di superiorità stoppando il primo attacco di Pogacar, poi si mette buono, dimostrando di aver capito che il Tour si vince in tre settimane e non in un giorno solo.
8 a Bernal
Non è bellissimo sulle prime salite, non è brillante in quelle pirenaiche, ma in queste condizioni porta a casa il risultato migliore rispetto agli avversari: è lì davanti, al pari di chi sembra aver più gamba di lui. Brutto segnale per i rivali, ottimo per chi sa bene che di qui in poi potrà solo migliorare: non avrà accanto un’armata invincibile, ma sulle montagne è bravissimo a cavarsela da solo.
8 a Pogacar
A una giornata storta, dove perde quasi un minuto e mezzo per un ventaglio preso dopo una caduta altrui, rimedia in fretta: nello spazio di un weekend si riprende gran parte del terreno perso, aggiungendoci la prima vittoria di tappa in Francia, dove è al debutto. E’ decisamente l’uomo nuovo del Tour, di qui in avanti il terzo incomodo nel previsto duello fra Roglic e Bernal sarà lui.
8 a Van Aert
In una settimana si mostra in tutto il suo splendore. Come aiutante di campo: ciò che fa per Roglic in salita è un avvertimento, perché i suoi folli ritmi rischiano di fiaccare molte gambe. E anche come vincente: si prende due sprint con la stessa facilità con cui beve un aperitivo. I successi a Strade Bianche e Sanremo già ne avevano disegnato i contorni da fenomeno, al Tour li conferma.
7 a Caruso
In silenzio, senza strafare, sta provando a salvare l’onore della piccola Italia, già a brandelli dopo una settimana. Aiutando Landa, sta facendo classifica quasi a sua insaputa: non è lì con quello scopo, ma non per questo si nega il gusto. Uomo di fatica, è la dimostrazione che spesso a regalare le cose migliori sono i corridori trascurati come lui, che parlano poco e fanno tanto.
7 a Pozzovivo
Sbarcato al Tour con l’idea di lottare per un piazzamento in classifica, dal primo giorno ha lottato per la sopravvivenza in classifica: da una caduta per colpa di uno sciagurato spettatore che voleva farsi un selfie, lo scalatore mignon è uscito conciato malissimo, brutta cosa per chi già era reduce da una lunga serie di operazioni dopo esser stato investito in allenamento. Non aver mollato per nove tappe prima di cedere al dolore e ritirarsi, vale più di una vittoria.
5 al Tour
Tamponi a tutto il seguito, alberghi vietati ai parenti, distanziamento fra corridori e giornalisti. Poi, alla prima tappa pirenaica, in cima al Peyresourde, si scatena la movida, con i tifosi senza mascherina che urlano il loro incitamento in faccia ai corridori in cerca di spazio e ossigeno. Voto più alto perché il giorno dopo, sul Marie Blanque, spuntano i gendarmi con i cordoni per tenere il pubblico dove deve stare.
4 ad Aru
Alla prima tappa pirenaica incassa oltre un quarto d’ora dai migliori, alla seconda si stacca sulla salita iniziale e torna a casa. Più che un altro fallimento, sembra un segnale di resa per chi, in tre anni, è precipitato dal podio all’anonimato. Dopo tante promesse e qualche buona premessa, è chiamato a interrogarsi sugli errori commessi da quando ha lasciato l’Astana e Martinelli. E a voltar pagina davvero.