Vinitaly è sempre un’occasione di incontro con agenti, importatori e mondo Horeca. Una vetrina fondamentale, forse la più importante d’Europa e ce l’abbiamo in casa: un motivo di orgoglio. È un po’ come un romanzo la storia della piccola Pievalta, nata per la caparbietà di Silvano Brescianini. Tra i più importanti produttori di Franciacorta, voleva misurarsi con una grande uva autoctona bianca italiana: dopo 20 anni celebra il riconoscimento di Bianco dell’Anno con un Castelli di Jesi Verdicchio San Paolo ‘19, dall’omonimo comune dove sono situati i 5,3 ettari di vigna a 350 metri di altezza sul livello del mare, dai quali nascono le sole 13mila bottiglie ad ogni anno, che ha conquistato anche la critica internazionale per la straordinaria capacità di evolutiva dei millesimi sin dal 2004, la sua prima vendemmia.
È come se Brescianini l’avesse sempre saputo che su quelle colline dolci e colorate a tinte pastello, dove i campi di girasoli danno spettacolo tra una vigna e l’altra, il vino lo si facesse buono per davvero. Un paesaggio che attrae e dal quale Pievalta prende il nome e immagine, rappresentata dall’iconica figura stilizzata in tutte le etichette, dalla pieve che dalla cima del poggetto svetta sovrastando la cantina, capace, in un certo senso, di trasmettere la bellezza e dell’Infinito perfettamente descritto dal Leopardi. Il legame di Brescianini con le colline dei Castelli di Jesi è profondo, quasi viscerale: "Dico spesso a mia moglie che un giorno potremmo anche andarci a vivere".
Era logico che a Pievalta la cultura della sostenibilità e del biologico facessero capolino: la matrice è quella della Barone Pizzini che è la pioniera da 25 anni in Franciacorta di queste pratiche agronomiche. Però non è bastato, si è andato oltre: "La scelta della biodinamica si è rivelata giusta, perché ci ha dato un’identità. Semplificando, la biodinamica punta alla salute del suolo e della pianta. Le radici entrano in connessione con la parte minerale del terreno e la riportano nel grappolo. Per questo il sapore del vino dipende dal luogo in cui la vite cresce. Siamo piccoli, ma il biodinamico ci ha aiutato a posizionare il vino, proprio perché non eravamo della zona" racconta Alessandro Fenino, enologo milanese, che sin dal primo giorno è stato la lunga mano di Brescianini nella conduzione.
La proprietà è di 43 ettari, di cui 34 vitati e la produzione della Cantina è di circa 150.000 bottiglie l’anno. Oltre al ‘San Paolo’ Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva Docg Classico, è d’obbligo ricordare: ‘Dominè’ Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico Superiore, un vino vibrante, minerale, quasi gessoso, con rimandi agrumati, un’ottima persistenza e che nasce da una singola vigna del 1965; il ‘Tre Ripe’ Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore, fresco, agrumato e con un buon finale sapido, il cui nome nasce dall’unione di uve provenienti da tre versanti diversi; infine il Perlugo Zero VSQ un Metodo Classico da uve Verdicchio con profumi di erbe aromatiche, elicriso e mallo di mandorla.
Marco Principini