Sidney Bechet diceva che bisogna fidarsi della musica perché è la strada che ti porta ovunque. E a Paolo Conte la musica l’ha portato alla Scala. E siccome "l’appetito vien mangiando, la musica suonando", parole sue, il 15 luglio lo “chanteur-seducteur italienne”, come lo chiamano a Parigi, torna ad Umbria Jazz in quello che potrebbe essere l’"au revoir" al suo mondo di cravatte sbagliate e tinelli marron.
I fantasmi della Scala cosa le hanno lasciato?
"Non li ho incontrati (si saranno nascosti)".
Parliamo di quelli di UJ.
"Umbria, tempio del Jazz, che ha accolto eccellenti artisti per tanti anni, un record italiano".
Sulla copertina del suo primo live “Concerti” c’era una foto del Teatro Morlacchi.
"Beh, è un gran bel teatro".
Le sue più grandi passioni?
"Il jazz degli anni Venti-Trenta, ma anche Louis Armstrong"
Le donne continuano ad odiare il jazz?
"Davanti ad una fuoriserie l’uomo guarda al motore, all’assetto, dalla potenza, la donne guardano alla linea e alla carrozzeria. L’appassionato di jazz tende a smontare la musica, ad analizzarla, la donna no. O, almeno, un tempo era così. È vero che oggi le donne vanno a sentire il jazz, ma che si divertano ho ancora dei dubbi".
Dice che nella sua attività è sempre valso il principio “cherchez la musique et la paresse” (la pigrizia). Più “musique” o “paresse”?
"Entrambe, ma non sempre. Ho lavorato tanto".
Delle tante vite immaginate (e raccontate) nelle canzoni, ce n’è una in particolare che avrebbe voluto vivere?
"Mi viene in mente il personaggio (simpatico) di ‘Vita da sosia’".
Il mondo del jazz l’ha avvicinato grazie allo zio Gino, quello della canzone. Quanto gli deve?
"Era il più “moderno” della nostra famiglia. In lui avevo trovato un alleato al mio amore per il Jazz".
Molti anni fa disse che quella delle sue canzoni non è nostalgia, ma solo incapacità di leggere il presente. Conferma?
"Confermo. Il presente si muove, non lo si riesce a leggere".
Le sue canzoni sono dei piccoli film. Sorpreso sentir dire a Mastroianni che gli assomigliava?
"Credo Mastroianni mi volesse indicare come interprete del personaggio di ‘Sostiene Pereira’".
Cosa le provoca quel vecchio Schiedmayer su cui ha scritto tante canzoni?
"È il mio pianoforte preferito, apparteneva a mio padre. Un pianoforte dolce e complice".
Il verso di una sua canzone da lasciare alla posterità?
"Al volo: quella ‘Ghibli che soffia dietro una porta chiusa’ da ‘Colleghi trascurati’”
Se Dio c’è, come passa la giornata?
"Ascoltando Art Tatum nella speranza, prima o poi, di imitarlo".
Andrea Spinelli