FILIERE AL CENTRO nelle scelte di Unicoop Firenze, in modo da garantire la massima tracciabilità, ma anche il sostegno agli produttori locali. Il 25% dei prodotti acquistati dalla cooperativa (pari a un valore di 430 milioni di euro l’anno) proviene infatti da fornitori toscani. "Rispetto alle altre imprese commerciali presenti nella nostra Regione – spiega Luca Braccesi, direttore acquisti in Unicoop Firenze – il peso dei prodotti locali è doppio nella nostra cooperativa e genera circa 5.200 posti di lavoro. Oltre 700 imprese del territorio (corrispondenti al 34% sul totale dei fornitori) sono legate all’indotto produttivo. Molte sono piccole aziende e forniscono pochi negozi vicini, a riprova di un legame diffuso e capillare. Più di 5.500 prodotti provengono da terreni, laboratori artigianali e stabilimenti presenti sul territorio regionale: molti sono prodotti tipici toscani, quindi di filiera Dop, Igp, Igt, Doc, Docg, Pat e sono evidenziati in tutti i nostri punti vendita dal marchio ‘Prodotto in Toscana’".
Perché Unicoop Firenze ha scelto di lavorare con un approccio "di filiera"?
"Siamo costantemente impegnati nel sostenere l’economia regionale e nel garantire prodotti di qualità. Lavorare con logiche di filiera mette in moto una relazione fra soggetti diversi che diventano protagonisti di un progetto comune. Prima ancora che essere una logica economica, di scambio formale di merce e di impegni precisi, la filiera trasforma la relazione fra persone in un progetto per fare prodotti buoni, dando la garanzia che ci sia il controllo in tutti i passaggi. Dall’altra parte, per la cooperativa, significa cercare di dare alla filiera una corretta remunerazione in tutti i passaggi".
Il concetto di filiera include diversi aspetti: quello commerciale ed economico, quello etico, ambientale e della qualità del prodotto.
"Nel caso di Unicoop Firenze si tratta di una filiera corta, che punta ad avvicinare più possibile il prodotto al consumatore finale. E questo è particolarmente importante in una regione come la Toscana che non è una grande produttrice: facendo 100 ciò che mangiamo, solo il 17% ha origine nei confini del Granducato. Escluso olio e vino, per i quali la produzione è sufficiente per il consumo locale, non c’è una categoria per cui la Toscana è autosufficiente. Creare filiere significa quindi preservare tipicità e ricchezze, rigenerare territori e produrre in zone che sono a rischio spopolamento. La parola chiave legata al concetto di filiera è responsabilità. Il tutto valorizzando la qualità dei prodotti e la loro stagionalità".
Una strategia importante anche per rendere remunerativo un settore, quello agricolo, nel quale gli imprenditori lamentano spesso proprio la scarsa sostenibilità economica.
"Il nostro impegno è anche quello di sostenere le imprese concordando con loro una programmazione che prosegua tutto l’anno e non sia dunque solo periodica. Inoltre la scelta di investire sulle filiere locali permette di stabilire contratti che garantiscano stipendi adeguati per chi lavora, con un impatto positivo anche sui dipendenti".
Tanti gli esempi di successo, a partire dalla filiera del grano.
"E’ nata da un progetto di Unicoop Firenze, che ha messo in fila gli agricoltori per metterli al riparo dalle speculazioni del mercato, salvaguardare i territori rurali e garantire a soci e consumatori pane di filiera toscana. L’accordo fissa quantitativi e prezzo del grano prima della semina, costruendo il prezzo sulla base dei costi reali sostenuti nell’anno, così da assicurare ai produttori una remunerazione giusta. Il grano viene coltivato in Maremma, Valdelsa, nella piana pisana e nel Mugello. La farina di questa filiera, esclusivamente di origine toscana, senza glifosato e totalmente tracciata, viene utilizzata per la produzione interna. Sul pane con farina toscana è in corso poi un progetto per valorizzarlo ulteriormente con il ’bollino’ di prodotto a residuo zero, cioè senza residui di fitofarmaci (progetto per il 2025). Dalla filiera del grano toscano è nata poi la Pasta Tosca, che a fine gennaio 2025 vedrà un rilancio con un nuovo packaging e il cambio di fornitore, che sarà anch’esso toscano".
Rientrano tra questi esempi virtuosi anche la filiera del pesce e il Pat-Pescato arcipelago toscano.
"Sì certo. Il marchio identifica un progetto di Unicoop Firenze nato nel 2008 per valorizzare la qualità del pesce locale, con una filiera controllata e corta. Il marchio Pat identifica vari aspetti: la zona di pesca che va da Capalbio a Bocca di Magra, nelle 6 miglia prospicenti la costa e le isole dell’arcipelago; il giorno di pesca (che deve essere precedente alla vendita); il peschereccio e il capitano. Questo processo è certificato da un ente terzo Csqa che annualmente verifica il rispetto di tutti i passaggi. Unicoop Firenze lavora il pescato nei porti Toscani di Viareggio, Castiglion della Pescaia, Livorno e Porto Santo Stefano e, da anni, vende pesce allevato in Toscana a Orbetello, Golfo di Follonica e Capraia Isola".
Altre testimonianze?
"Significativo anche il percorso per i prodotti di ortofrutta di filiera toscana: il pomodoro canestrino della Lucchesia, anche presidio slow food; il carciofo moretto della val di Cornia; la pera decana della Val di Chiana; il fagiolo zolfino della Lucchesia, la mela antica del Mugello. Si tratta di prodotti tipici di alcuni territori, riscoperti e valorizzati grazie all’interesse manifestato da Unicoop Firenze e al coinvolgimento di piccoli fornitori locali che hanno sviluppato le loro produzioni con il sostegno, di consulenza e commerciale, della cooperativa. Proprio il supporto della cooperativa e la vetrina di vendita offerta dai Coop.fi ha dato a questi agricoltori una nuova opportunità per prodotti che, diversamente, non avrebbero trovato un canale commerciale".