Se il 2024 si è confermato anno di transizione per l’economia lombarda, per il 2025 le prospettive sono di una crescita moderata e più incoraggiante, con diversi segni positivi in molti indicatori chiave. Questo il quadro tracciato da CNA Lombardia nel suo ultimo studio. E Giovanni Bozzini, presidente dell’associazione imprenditoriale, pur ottimista calca la mano su un problema di cui si parla sempre troppo poco. "Molto pesante la stretta creditizia", scandisce. E sostanzia il discorso con i numeri: "Il tasso medio applicato a prestiti di importo pari o superiore al milione è aumentato sensibilmente, di un altro 0.58% in un anno".
Presidente, le previsioni di CNA sul 2024 si sono rivelate esatte. All’orizzonte non si intravede una vera svolta. Come fare per ottenerla?
"Le previsioni di CNA Lombardia purtroppo si sono avverate. La crescita langue. Ma c’è un elemento da considerare: gran parte dei problemi deriva da una congiuntura internazionale segnata da fragilità, incertezze, incognite di matrice geopolitica: le tensioni nel 2024 sono state tante e simultanee. Questo significa che una tregua a Gaza e un consolidarsi del dialogo teso a un cessate il fuoco sul fronte russo-ucraino potrebbero riaprire molte vie di comunicazione anche per i commerci internazionali. La Lombardia potrà riprendere fiato e ricominciare a correre. La politica avrà un ruolo davvero importante. Poi ci sono problemi strutturali che nel tempo devono trovare una soluzione strutturale. Mi riferisco, ad esempio, alle politiche industriali europee: dopo una finanziaria come quella approvata dal Governo, appare chiaro come alcuni Stati membri, come l’Italia, non abbiano più la capacità finanziaria (e gli spazi fiscali) per sostenere autonomamente una robusta crescita. Questorende indispensabile un’Europa allo stesso tempo più forte ma meno burocratica. Dico solo due cose: automotive e casa green. Trovare strumenti condivisi, sostenibili finanziariamente, gestibili nel tempo, con un accordo tra i principali Paesi e le forze politiche della maggioranza, sarebbe di grande aiuto. Dobbiamo ritrovare la bussola".
Il punto sul Pnrr in Lombardia. I fondi sono stati utilizzati bene finora o ci sono lacune nella messa a terra dei progetti?
"La nostra sensazione è che il Pnrr in Lombardia stia vivendo tutto sommato bene la propria messa a terra: più del 70% delle opere previste sono state già messe in cantiere. Naturalmente, soprattutto infrastrutture. Quel che continua a sfuggirci è quali siano i concreti reali spazi di lavoro per le micro e piccole imprese. Questo non riusciamo ancora a quantificarlo, ma il tessuto dell’economia reale sarà imprescindibile per arrivare ai risultati auspicati. Sul territorio ci sono le piccole imprese, di cui anche le grandi non possono fare a meno. Non è casuale che Regione Lombardia, facendo bene, abbia tempestivamente riunito le principali forze economiche e sociali per discutere sulla sicurezza del lavoro nei cantieri Pnrr. Noi siamo pronti e nessuno si tira indietro rispetto a un compito socialmente ed economicamente utile".
Resta il nodo della formazione e della difficoltà delle imprese di coprire gli organici con personale qualificato.
"Alla Lombardia serve concretezza. Le etichette non ci piacciono. Il sistema dell’istruzione e della formazione professionale deve restare intrecciato con le PMI, che devono, secondo noi, avere un maggiore ruolo nel sostenere economicamente e con la propria competenza la didattica e l’alternanza scuola-lavoro. Servirebbe anche un monitoraggio in grado di verificare il livello dei laboratori in cui i ragazzi vengono formati: i nostri giovani devono avere a disposizione le tecnologie migliori su cui formarsi. Quanto alla dimensione dei licei, sarebbe importante far capire ai loro studenti come funziona l’economia reale del Paese, quali relazioni, quali traiettorie, quale valore aggiunto in essa circola. Solo così quadri e dirigenti della società del domani sapranno muoversi con la giusta consapevolezza. Troppi neolaureati escono da insigni facoltà universitarie pensando a una tipologia di impresa che in Italia non esiste, oppure esiste solo nella finanza dei grandi centri urbani. Poi rischiano di trovarsi spiazzati o di pensare solo a espatriare. Certo, noi dobbiamo imparare ad affinare tutto ciò che serve a trattenerli: salari, crescita, welfare, conciliazione lavoro-vita privata, servizi accessibili, un costo della vita abbordabile".
Continuano guerre, tensioni, danni da “climate change“ e caro energia: si vedrà prima o poi la luce in fondo al tunnel?
"Il mondo è più complicato rispetto al Secondo Dopoguerra. Il Novecento è finito. Gli attori con un peso si sono moltiplicati anche grazie al ruolo delle tecnologie, non solo militari. Le incertezze crescono. La luce in fondo al tunnel si vedrà di sicuro grazie a una politica di pace, ma questa stessa politica dovrà mettere in conto che non esisteranno più soluzioni a lungo termine. Bisognerà continuamente essere creativi".
Le prospettive economiche dell’anno nuovo?
"Il 2025 si apre in un clima di grave incertezza. La locomotiva tedesca arranca, la Francia è molto indebitata e fatica a fare politiche industriali robuste, sull’Europa sappiamo. L’Italia ha bisogno di un fisco meno aggressivo, ma se vogliamo più equo e capillare, e di molta semplificazione digitale della burocrazia, che non significa trasferire i medesimi adempimenti in forma digitalizzata. Le imprese hanno bisogno di ritrovare un rapporto fiduciario con la politica".
Un’ultima domanda: qual è secondo la sua esperienza il segreto dell’attività ben gestita?
"È una domanda difficile. Secondo me bisogna avere due cose: intelligenza del contesto e competenza sul prodotto o sul bene o sul servizio che si propone. E ogni giorno giocare la partita come se nessun risultato fosse acquisito per sempre".