ANNALISA Sassi, presidente di Confindustria Emilia-Romagna, qual è un vostro primo bilancio sulla congiuntura del 2024?
"L’Emilia-Romagna si conferma una delle regioni di traino del Paese, anche se risente di una tendenza nazionale e internazionale di rallentamento dell’economia".
Ci dica di più.
"Secondo le stime di Prometeia la crescita del PIL regionale dovrebbe attestarsi intorno allo 0,9 per cento, in misura quasi doppia a quella italiana, attesa dello 0,5 per cento. Un risultato che è la sintesi di un buon andamento di investimenti e occupazione e di una frenata del commercio con l’estero".
E per quello che riguarda i vari settori?
"Se guardiamo ai settori vediamo il comparto agricolo in lieve difficoltà, l’industria che rallenta perché non sostenuta come in passato dall’export e dagli investimenti, una maggiore tenuta per i servizi, soprattutto grazie ai buoni risultati del turismo".
Quali le prospettive per il 2025, invece?
"Ad ora le previsioni per la nostra regione sono di un andamento analogo a quello dell’anno appena
trascorso, con una ripresa dell’export a compensare un calo atteso degli investimenti. Il comparto
edile, che oggi è ancora in terreno positivo, subirà un forte rallentamento in ragione della fine degli incentivi. L’economia mondiale è in risalita ma l’Europa è debole: continua a crescere poco, ancora stretta da tassi alti, e perde investimenti diretti esteri. Pesano il crollo dell’automotive e le difficoltà della Germania. Le tensioni geopolitiche restano e cresce l’incertezza sulle possibili ripercussioni negative sul commercio mondiale e sui prezzi delle materie prime".
Quali, secondo lei, i punti di forza dell’Emilia-Romagna?
"Io credo che l’Emilia-Romagna abbia un plus competitivo unico: una capacità del fare assieme, uno spirito imprenditoriale e forti competenze tecniche che hanno saputo alimentare la crescita di tutta la società regionale, in un percorso di sviluppo trainato dalla manifattura. È proprio questo valore aggiunto che anche le grandi imprese estere riconoscono nel territorio e che rappresenta il nostro punto di forza su tutti i fronti. Dobbiamo avere traguardi ambiziosi, spingere le produzioni verso i segmenti a più alto valore aggiunto, rivoluzionare i rapporti tra le imprese valorizzando le filiere produttive, aprire l’orizzonte ai nuovi mercati che stanno trainando lo sviluppo mondiale".
Ci sono particolari criticità che intende sottolineare?
"Abbiamo molte sfide che mettono sotto pressione i modelli di business consolidati delle aziende,
soprattutto piccole e medie: digitalizzazione, sostenibilità, prezzi dell’energia, dinamiche della competizione globale. In particolare penso che dobbiamo spingere molto sulla cultura digitale e sulla formazione digitale delle nuove generazioni, perché è la frontiera che può davvero cambiare dal di dentro le nostre imprese in tutte le aree aziendali".
Quali richieste rivolgete alla politica?
"Serve una politica industriale che riesca a dare risposte tempestive, con una visione non ideologica che crei un ambiente favorevole allo sviluppo. Le imprese devono essere poste nelle condizioni di crescere per continuare a competere al meglio, in un contesto in cui la concorrenza internazionale è sempre più agguerrita. In particolare il rincaro del costo dell’energia richiede un intervento deciso ed efficace. Se poi guardiamo al declino demografico, si aggraverà ancora di più la carenza di lavoratori, che già oggi rappresenta un problema: è fondamentale intervenire per coprire questo fabbisogno a partire dai costi degli alloggi, che frenano la mobilità dei lavoratori ed esasperano le carenze di personale a livello territoriale".