ENRICO Postacchini, presidente di Confcommercio Emilia Romagna, come auspica agisca la nuova giunta regionale per quel che riguarda i temi del commercio?
"In campagna elettorale abbiamo costruito un corposo documento che tiene conto di tutti i settori che rappresentiamo, dal mondo del terziario al turismo, passando per i trasporti fino alla sanità integrativa. Se vogliamo rimanere ai settori più numericamente rappresentativi come il commercio e il turismo abbiamo ribadito alcune necessità legate alla recente rigenerazione urbana che comprende tante attività. Risulta necessario creare soglie di accesso ai bandi più agevoli per le micro e piccole imprese, solo così i progetti avviati nelle nostre città potranno andare a buon termine. L’aspetto dell’accessibilità è uno dei punti per rigenerare davvero il tessuto commerciale e non solo, composto da una miriade di piccole realtà che sono la vera ossatura dell’Emilia Romagna, con tantissimi occupati. Poi vogliamo che sia posto l’accento sul mondo dei contratti di lavoro per cui il lavoratore deve avere accesso a welfare e sanità integrativa privata o pubblica. La politica deve fare attenzione anche al turismo, a quello montano, balneare e artistico. Quello delle città è cresciuto molto, quello legato alla montagna rimane purtroppo marginale e per questo dobbiamo fare uno sforzo enorme per ricreare domanda, sulla costa invece abbiamo una presenza straordinaria di imprenditori. Per cui bisogna avere un occhio di riguardo e non mi riferisco solo alla questione delle concessioni balneari ma anche all’aspetto della promozione della Riviera".
Un’altra novità è quella di Trump alla Casa Bianca, con i timori per i dazi. Cambierà qualcosa per le piccole imprese della regione e per il commercio?
"Vedremo. Questo cambiamento probabilmente riguarderà maggiormente la manifattura. Occorre che l’Europa si faccia carico di una assunzione di responsabilità: il messaggio è chiaro, l’America non sarà più dietro le nostre spalle. Questo riguarda tutto, dai satelliti alle armi, passando per la difesa e tutta un’altra serie di fattori. È chiaro che il dazio è uno spauracchio che incombe, ma dall’altra parte gli americani vogliono fare il proprio interesse".
Torniamo in Italia, in tutto il Paese il commercio fa i conti con alcune difficoltà.
"Si può ancora fare qualcosa, ossia mettersi una mano sul cuore nei confronti delle attività. Non possono fare i conti con una soglia di accesso ai bandi così alta e con altre problematiche legate anche alla presenza di grandi multinazionali. In Europa, uniformando le imprese si è fatto un errore madornale. Occorre distinguerle in base ai volumi e ai fatturati, alle dimensioni: infatti il 95 per cento delle aziende del continente è al di sotto dei 15 addetti. L’Europa non è fatta solo di Germania, Francia e Italia, ma per la maggior parte da Paesi che sono in una situazione peggiore della nostra, dove il piccolo commercio è ancora un ammortizzatore sociale importante. Per non ucciderle occorre inventarsi qualcosa che passi dalla fiscalità. Non vogliamo che tutto diventi zona franca, ma le imprese di piccole dimensioni non possono avere una tassazione alta come quella italiana, rischiando di indebitarsi per assolvere ai doveri imposti dal fisco"
In che modo si può uscire da queste crisi?
"C’è un modo molto semplice che noi reclamiamo spesso. Siccome il mercato è uno, le regole devono essere le stesse per tutti. Ad esempio, un negozio di prossimità deve essere equiparato alla grande piattaforma di e-commerce e viceversa. Oggi la situazione non è questa: la piattaforma non paga l’Iva che un’azienda pagherebbe, non versa le imposte in Italia, non lascia qui ricchezza, gli esempi sarebbero tantissimi. Sono due soggetti sullo stesso mercato ma con regole diverse e fino quando queste ultime non si equipareranno vincerà sempre e solo il più bravo, piccolo o grande che sia"
Sembra che il mondo si sia evoluto, ma la politica no.
"Il mondo è andato avanti rispetto alla politica e il mercato arriva ancora prima. Si è sviluppato un grande amalgama di abusivismo sdoganato da un vuoto normativo e prima o poi bisognerà metterci mano. Il mondo nel tempo si modifica, cambia faccia e occorre starci dietro. Per ora noi siamo abituati a un mondo fatto di negozi, cinema, locali in cui i piccoli centri attraggono residenti, più avanti chi lo sa. Per far vivere ancora questi servizi le piccole imprese devono essere messe nelle condizioni per poter continuare a sopravvivere".
Che prospettive vede per il nuovo anno?
"Parlando di questi settori i segnali di avvio anno non sono da buttare. Abbiamo avuto mesi difficili nel 2024, ancora è arduo fare una previsione, ma i segnali non sono di certo disastrosi dal punto di vista dei consumi. Occorrerà vedere quanto reggeranno, restando liberi dalla schiavitù del peso impositivo dei costi".