Venerdì 31 Gennaio 2025

"Abbiamo bisogno di ragionare europeo ma oltre burocrazia e approccio ideologico"

Dal suo osservatorio privilegiato Alessandro Spada, da maggio 2020 presidente di Assolombarda, che con quasi 7mila imprese e oltre...

Alessandro Spada 59 anni ha alle spalle una lunga partecipazione in Assolombarda ricoprendo dal 2005 diverse cariche istituzionali: membro del Consiglio Centrale del Gruppo Giovani di Confindustria e membro della Giunta di Federchimica Attualmente siede nel Consiglio Generale di Confindustria fa parte del Gruppo Tecnico Fisco Confindustria, del Consiglio di Presidenza di Confindustria Lombardia e del Comitato dei Garanti Fondazione Collegio delle Università di Milano

Alessandro Spada 59 anni ha alle spalle una lunga partecipazione in Assolombarda ricoprendo dal 2005 diverse cariche istituzionali: membro del Consiglio Centrale del Gruppo Giovani di Confindustria e membro della Giunta di Federchimica Attualmente siede nel Consiglio Generale di Confindustria fa parte del Gruppo Tecnico Fisco Confindustria, del Consiglio di Presidenza di Confindustria Lombardia e del Comitato dei Garanti Fondazione Collegio delle Università di Milano

Dal suo osservatorio privilegiato Alessandro Spada, da maggio 2020 presidente di Assolombarda, che con quasi 7mila imprese e oltre 414mila lavoratori rappresentati - sui territori di Milano, Monza e Brianza, Lodi e Pavia - è la più grande associazione territoriale del sistema Confindustria, scruta l’orizzonte di questo 2025 con il solido realismo dell’imprenditore lombardo del manifatturiero, l’esperienza di un mandato condotto alla ricerca di “compromessi alti“, i sogni dell’uomo innamorato della sua Italia.

Presidente, lei si è appellato al Governo per chiedere “una politica industriale e di visione per scongiurare il declino della nostra potenzia industriale“. Ha fiducia in risposte concrete?

"Ci conto perché l’Italia ha un’autorevolezza internazionale da far valere nella definizione di una nuova strategia industriale: tutelare e rafforzare l’impresa è una questione di sicurezza e competitività nazionale. Senza un’industria forte e una politica industriale visionaria perdiamo potere sullo scenario geopolitico internazionale. Questo vale a livello italiano ma ancora di più a livello continentale: abbiamo bisogno di ragionare ‘europeo’ per avere un’Europa più industriale, superando l’approccio ideologico e l’impianto regolatorio che stanno distruggendo l’industria dell’auto. La richiesta da parte delle imprese è che la nuova Commissione Europea cambi rotta e metta in atto l’Agenda Draghi".

Se dovesse pensare a tre priorità per le aziende, quali dovrebbero essere le mosse strategiche da mettere in cima alla lista della politica?

"Il dossier automotive: eliminiamo sia le multe alle industrie dell’auto dal 2025 se non rispettano i

requisiti di elettrificazione sia lo stop al motore endotermico al 2035. E poi, gli investimenti: rendere efficaci Ires Premiale, Industria 4.0 e Transizione 5.0, rimuovendo tutti quei paletti che rendono queste misure di difficile applicazione. Infine, abbassare il costo dell’energia".

La bolletta energetica continua a pesare di più per le aziende italiane rispetto alle concorrenti

del resto d’Europa e del mondo. Problema irrisolvibile e dovuto alle tensioni internazionali?

Oppure si può intervenire per aiutare le nostre aziende a competere ad armi pari?

"Le nostre imprese pagano la bolletta energetica tra le più care al mondo: significa minare la nostra

competitività e la sostenibilità del sistema Paese. Servono soluzioni in grado si abbassare il costo dell’energia: disaccoppiare prezzo gas e prezzo energia elettrica; fare acquisti comuni europei; puntare sui rigassificatori; velocizzare il rilascio dei permessi sulle rinnovabili. Quanto prima dobbiamo inoltre iniziare a investire sul nucleare moderno, una fonte pulita, continua e sostenibile che ci permetterà - insieme alle altre fonti come le rinnovabili - di avere una bolletta competitiva e di sostenere il grande fabbisogno energetico legato alle nuove tecnologie".

Capitolo migrazioni. Anche il presidente Mattarella, nel suo discorso di fine anno, ha citato come persone esemplari chi, da qualsiasi parte arrivi, ama l’Italia. Come rendere l’immigrazione un fattore positivo di crescita?

"Vanno promosse un’immigrazione e un’integrazione di qualità. Questo vuol dire anche inserire gli immigrati nel mondo del lavoro, che è la principale leva per favorire l’integrazione. Così si andrebbe a colmare, almeno in parte, il mismatch tra domanda e offerta di lavoro: le imprese del territorio faticano a trovare un candidato su due, soprattutto operai e tecnici specializzati".

Sul fronte della formazione tecnica in questi anni ha visto muoversi qualcosa? Il futuro sono le

academy interne delle aziende o delle associazioni?

"Per affrontare l’’emergenza competenze’, le Academy aziendali svolgono un ruolo significativo ma non risolvono un problema che è strutturale. Il cambiamento deve essere culturale: la formazione in ambito tecnico e professionale deve essere considerata di pari livello rispetto a quella liceale e universitaria. La riforma Valditara va nella direzione giusta. Ora dobbiamo sviluppare sempre più Its, ancora poco conosciuti ma con una grande richiesta da parte delle nostre imprese".

La nota dolente delle tasse. Dove si annidano gli sprechi che consentirebbero di recuperare

risorse ed allentare la morsa su cittadini dipendenti e aziende?

"Nell’evasione fiscale. Occorre fare una lotta serrata, questa è la strada maestra. Sono convinto che grazie all’innovazione e all’incrocio delle banche date digitali si possano ottenere risultati importanti. Serve, inoltre, una spending review da parte dello Stato per ridurre le tasse e incentivare gli investimenti".

Capitolo Milano e polemiche sui costi insostenibili delle case. Con questi prezzi la città rischia

di perdere talenti? Nel futuro vede ancora Milano come unica metropoli italiana in concorrenza diretta con le grandi capitali europee?

"Milano è il motore economico d’Italia e compete con le capitali europee, un primato che rimarrà se la città saprà evolversi e risolvere le sue contraddizioni. I costi delle case sono una delle problematiche che rischia di non trattenere famiglie e talenti. Milano deve investire in qualità della vita, in politiche abitative inclusive e in una mobilità efficiente che non penalizzi l’ingresso dei lavoratori in città. È la dimensione metropolitana il raggio minimo di azione. Ma permettetemi di aggiungere l’urgenza di oggi: sbloccare il Salva Milano e far ripartire la filiera immobiliare".

Oltre al rischio desertificazione industriale, vede un rischio delocalizzazioni con aziende italiane in fuga all’estero?

"In generale, il ritorno dei blocchi geopolitici sta favorendo il reshoring e il friend-shoring. Tuttavia, facciamo attenzione al rischio di fuga delle nostre aziende e più in generale di quelle europee verso le potenze economiche che investono tanto sulla crescita delle imprese, come ha fatto l’America con l’IRA. Anche per questo serve un piano industriale europeo, con investimenti importanti, per renderci una vera potenza".